martedì 21 settembre 2010

Qoèlet

Continuiamo questo nuovo percorso sapienziale, con la lettura del Qoèlet (appuntamento fissato al martedì, ndr), è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana.E' scritto in ebraico (con diversi aramaicismi), e la redazione del libro è avvenuta in Giudea nel IV o III secolo a.C. ad opera di un autore ignoto che scrive per bocca del Re Salomone, perché in quel periodo si era soliti attribuire opere a personaggi storici considerati sapienti[1]. È composto da 12 capitoli contenenti varie meditazioni sapienziali sulla vita, molte delle quali caratterizzate da un tenore pessimistico (tratto da Wikipedia). Ma questo pessimismo ha una ragion d'essere che si scoprirà lungo il corso della lettura dove si evincerà che anche se tutto è vano, bisogna avere fiducia nel Padre perchè Lui non è vano, ma anzi tutto assume significato se posto nella prospettiva del Padre. Al di fuori, invece, tutto è vanità delle vanità e ogni cosa che facciamo altro non è che un rincorrere il vento, cioè totalmente inutile (chi può dar torto a questa visione? Un uomo che non crede in Dio, compie azioni che in sostanza sono inutili perchè arriverà il momento il cui la morte metterà la parola fine. Ma se uno confida nel Padre, sa che ogni sua azione è eseguita per la Sua Gloria e che un giorno vedrà la ricompensa del lavoro svolto dalle sue proprie mani!).

Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme.
 
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
per cui fatica sotto il sole?
Una generazione va, una generazione viene
ma la terra resta sempre la stessa.
Il sole sorge e il sole tramonta,
si affretta verso il luogo da dove risorgerà.
Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;
gira e rigira
e sopra i suoi giri il vento ritorna.
Tutti i fiumi vanno al mare,
eppure il mare non è mai pieno:
raggiunta la loro mèta,
i fiumi riprendono la loro marcia.
Tutte le cose sono in travaglio
e nessuno potrebbe spiegarne il motivo.
Non si sazia l'occhio di guardare
né mai l'orecchio è sazio di udire.
Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
non c'è niente di nuovo sotto il sole.
C'è forse qualcosa di cui si possa dire:
"Guarda, questa è una novità"?
Proprio questa è già stata nei secoli
che ci hanno preceduto.
Non resta più ricordo degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso coloro che verranno in seguito.

Io, Qoèlet, sono stato re d'Israele in Gerusalemme.Mi sono proposto di ricercare e investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. È questa una occupazione penosa che Dio ha imposto agli uomini, perché in essa fatichino.Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento.

Ciò che è storto non si può raddrizzare
e quel che manca non si può contare.

Pensavo e dicevo fra me: "Ecco, io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza". Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento, perché

molta sapienza, molto affanno;
chi accresce il sapere, aumenta il dolore.

 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Questa è una pagina di straordinaria bellezza e sapienza, l'autore non si accontenta di contemplare il firmamento, nè la natura, il suo orizzonte è quello del cosmo intero e della storia umana, egli abbraccia tutto ciò che è sotto il sole. Qohelet vede un mondo che è vanità puntualizzando il reale destino dell'uomo attaccato alle ricchezze di questo mondo. portandoci a riflettere sulla reale caducità di tutte le cose terrene e della nostra sterssa vita; solo l'amore di Cristo è, e sarà per sempre.

Angel ha detto...

Hai fatto la miglior figura possibile di questa pagina: hai conoscenza e sei riuscito a captare bene ciò che si evince da queste parole. Un caro saluto!

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