domenica 12 dicembre 2010

Il Libro di Giobbe - Tredicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con il Libro di Giobbe con la risposta, un pò stizzita, di Elifaz il Temanita: 

1Elifaz il Temanita prese a dire:

2Potrebbe il saggio rispondere con ragioni campate in aria
e riempirsi il ventre di vento d'oriente?
3Si difende egli con parole senza costrutto
e con discorsi inutili?
4Tu anzi distruggi la religione
e abolisci la preghiera innanzi a Dio.
5Sì, la tua malizia suggerisce alla tua bocca
e scegli il linguaggio degli astuti.
6Non io, ma la tua bocca ti condanna
e le tue labbra attestano contro di te.
7Sei forse tu il primo uomo che è nato,
o, prima dei monti, sei venuto al mondo?
8Hai avuto accesso ai segreti consigli di Dio
e ti sei appropriata tu solo la sapienza?
9Che cosa sai tu che noi non sappiamo?
Che cosa capisci che da noi non si comprenda?
10Anche fra di noi c'è il vecchio e c'è il canuto
più di tuo padre, carico d'anni.
11Poca cosa sono per te le consolazioni di Dio
e una parola moderata a te rivolta?
12Perché il tuo cuore ti trasporta
e perché fanno cenni i tuoi occhi,
13quando volgi contro Dio il tuo animo
e fai uscire tali parole dalla tua bocca?
14Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro,
perché si dica giusto un nato di donna?
15Ecco, neppure dei suoi santi egli ha fiducia
e i cieli non sono puri ai suoi occhi;
16quanto meno un essere abominevole e corrotto,
l'uomo, che beve l'iniquità come acqua.
17Voglio spiegartelo, ascoltami,
ti racconterò quel che ho visto,
18quello che i saggi riferiscono,
non celato ad essi dai loro padri;
19a essi soli fu concessa questa terra,
né straniero alcuno era passato in mezzo a loro.
20Per tutti i giorni della vita il malvagio si tormenta;
sono contati gli anni riservati al violento.
21Voci di spavento gli risuonano agli orecchi
e in piena pace si vede assalito dal predone.
22Non crede di potersi sottrarre alle tenebre,
egli si sente destinato alla spada.
23Destinato in pasto agli avvoltoi,
sa che gli è preparata la rovina.
24Un giorno tenebroso lo spaventa,
la miseria e l'angoscia l'assalgono
come un re pronto all'attacco,
25perché ha steso contro Dio la sua mano,
ha osato farsi forte contro l'Onnipotente;
26correva contro di lui a testa alta,
al riparo del curvo spessore del suo scudo;
27poiché aveva la faccia coperta di grasso
e pinguedine intorno ai suoi fianchi.
28Avrà dimora in città diroccate,
in case dove non si abita più,
destinate a diventare macerie.
29Non arricchirà, non durerà la sua fortuna,
non metterà radici sulla terra.
30Alle tenebre non sfuggirà,
la vampa seccherà i suoi germogli
e dal vento sarà involato il suo frutto.
31Non confidi in una vanità fallace,
perché sarà una rovina.
32La sua fronda sarà tagliata prima del tempo
e i suoi rami non rinverdiranno più.
33Sarà spogliato come vigna della sua uva ancor acerba
e getterà via come ulivo i suoi fiori,
34poiché la stirpe dell'empio è sterile
e il fuoco divora le tende dell'uomo venale.
35Concepisce malizia e genera sventura
e nel suo seno alleva delusione.

COMMENTO 
 

Elifaz non prende bene le parole di Giobbe e risponde con un tono abbastanza forte, ricordando a Giobbe la sua piccolezza e che la sua saggezza non è al di sopra degli altri. Elifaz sembra anche un pò seccato dalla reazione di Giobbe e cerca allora di ricordargli qual è il destino dell'empio. Insomma, vediamo che sostanzialmente Elifaz rimane sulla sua posizione e sul suo pensiero che contempla la divisione tra giusto ed empio, con quest'ultimo destinato alla condanna. Elifaz non riesce dunque a comprendere come agisce Dio e commette forse un atto di superbia pensando di poter sindacare la volontà di Dio, non ammettendo che Giobbe possa essere davvero un uomo giusto, retto e soprattutto innocente. 
Dio, infatti, non percuote l'empio in virtù della sua empietà, o almeno non solo: Dio a volte percuote anche l'uomo giusto, anche se con un tocco più dolce, per vedere la fedeltà del giusto e per testarne il radicamento della fede. Noi sappiamo che satana ha portato la sventura nella vita di Giobbe, poiché Dio voleva provare la sua fedeltà nel dolore e questo Elifaz non lo comprende, facendo di un erba tutto un fascio.
Nessuno di noi può indagare il volere di Dio perchè non ne abbiamo la capacità: chi può dire se l'agire di Dio è ingiusto? Quali conoscenze abbiamo per stabilirlo? La nostra sapienza è infatti solo una piccola particina dell'immensa sapienza divina: dopotutto, la nostra intelligenza è sempre frutto di Dio! 

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