martedì 14 dicembre 2010

La Città di Dio - I parte

Il motivo che ci ha spinti alla creazione di questo Spazio era di rimarcare le opere della Sapienza cristiana, a cominciare dai Libri Sapienziali della Bibbia che sono la base della Sapienza Divina. Abbiamo terminato la lettura del Qoélet che ci ha mostrato come le cose terrene, lontane dalla prospettiva divina, sono solamente vanità. Oggi iniziamo la lettura di un'opera di sapienza diversa che si propone di difendere il cristianesimo dalle accuse dei pagani. Si tratta di un'opera molto vasta di uno dei santi più sapienti con grandi dote oratorie: Sant'Agostino d'Ippona. Vediamo di cosa si tratta dal'introduzione di Wikipedia:

La città di Dio (Latino: De Civitate Dei, o anche De Civitate Dei contra Paganos) è un'opera latina scritta in ventidue volumi da Agostino d'Ippona tra il 413 e il 426; Sant'Agostino scrisse i primi dieci libri con la finalità di difendere il cristianesimo dalle accuse dei pagani ed analizzare le questioni sociali-politiche dell'epoca; negli altri dodici libri, invece, tratta della salvezza dell'uomo. Il termine latino civitas non dovrebbe essere tradotto con quello città, si dovrebbe parlare piuttosto di cittadinanza, di una condizione spirituale in cui si gioca il destino di salvezza e di dannazione di ciascun individuo. L'opera rappresenta una apologia del Cristianesimo nei confronti della civiltà pagana ed in essa vengono trattati argomenti come Dio, il martirio, i Giudei ed altri argomenti concernenti la filosofia cristiana. L'opera nasce in un contesto storico-politico delicato: il lento decadere dell'Impero Romano d'Occidente dovuto alle continue invasioni barbariche, nello specifico dei Goti di Alarico, che si ripeteranno per tutto il resto del V secolo(Roma perisce per i suoi costumi corrotti e per essere pagana). La grande occasione data dall'evento lo sollecita a riflettere; così nel 413 comincia l'opera che lo impegnerà fino al 426 e diverrà uno dei pilastri della cultura occidentale nonché il suo capolavoro. Il cristianesimo fu subito accusato dai pagani di aver prodotto un rammollimento delle solide basi morali dell'impero che avrebbe esposto quest'ultimo alle penetrazioni dei barbari: da una parte il cristianesimo aveva creato un insieme di valori antitetici a quelli dei pagani, dall'altra, e per la maggiore, il motivo della caduta dell'impero è da ricercare nella fragilità politica di base.
L'opera appare come il primo tentativo di costruire una visione organica della storia dal punto di vista cristiano, principalmente per controbattere alle accuse della società pagana contro i cristiani: Agostino afferma che la vita umana è dominata dall'alternativa fondamentale tra il vivere secondo la carne e il vivere secondo lo spirito, avendo quindi un'alternativa. Quest'ultima si svolge e divide in due città: la Civitas Terrena, ossia la città della carne, la città terrena, la città del diavolo, fondata da Caino che è Babilonia e la Civitas Dei, ossia la città dello spirito, la città celeste fondata da Abele. Importante notare anche la simbologia scritturistica in cui Caino è un contadino e in quanto tale strettamente legato alla terra, la deve far sua per avere da essa un guadagno; Abele invece è un pastore, sfrutta la terra ma non vi è legato in quanto passa sulla terra e non si stanzia, tende, per un certo verso, a una meta più ambita e fruttifera: il cielo. « L'amore di sè portato fino al disprezzo di Dio genera la città terrena; l'amore di Dio portato fino al disprezzo di sè genera la città celeste. Quella aspira alla gloria degli uomini, questa mette al di sopra di tutto la gloria di Dio. [...] I cittadini della città terrena son dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri; i cittadini della città celeste si offrono l'uno all'altro in servizio con spirito di carità e rispettano docilmente i doveri della disciplina sociale. » (La città di Dio, XIV, 28) Nessuna città prevale sull'altra. Nella storia, infatti, le due città sono mischiate e mai separate, come se ogni uomo vivesse contemporaneamente nell'una e nell'altra. Sta quindi a quest'ultimo la scelta di decidere da che parte schierarsi. L'uomo si trova al centro tra queste due città e solo il giudizio universale può separare definitivamente i beati dai peccatori. Ognuno potrà capire a quale città appartiene solo interrogando sè stesso. Agostino, in corrispondenza dei sei giorni della crezione distingue sei epoche storiche:
Adamo - Noè;
Noè - Abramo;
Abramo - Davide;
Davide - Cattività babilonese;
Cattività babilonese - Cristo;
Cristo - Ritorno di Cristo e fine del mondo (Eschaton). 

La concezione del tempo quindi non è più ciclica come per i filosofi Greci bensì lineare e universale in cui si innesta la Provvidenza.

È intrica in sè una concezione predestinatoria in quanto Agostino, combattendo contro il Pelagianesimo, vuole esaltare la potenza della Grazia: l'uomo non può salvarsi perché compie buone opere (altrimenti Dio sarebbe solo un giudice quando invece è onnipotente) ma perché è stato investito dalla Grazia divina.

*** 

Iniziamo la lettura di quest'opera imponente, attraverso la premessa che ci introduce nel contesto storico e formativo dell'opera:

Premessa

[Dalle Ritrattazioni 2, 43]

Frattanto Roma fu messa a ferro e fuoco con l’invasione dei Goti che militavano sotto il re Alarico; l’occupazione causò un’enorme sciagura. Gli adoratori dei molti falsi dèi, che con un appellativo in uso chiamiamo pagani tentarono di attribuire il disastro alla religione cristiana e cominciarono a insultare il Dio vero con maggiore acrimonia e insolenza del solito. Per questo motivo io, ardendo dello zelo della casa di Dio 1, ho stabilito di scrivere i libri de La città di Dio contro questi insulti perché sono errori. L’opera mi tenne occupato per molti anni. Si frapponevano altri impegni che non era opportuno rimandare e che esigevano da me una soluzione immediata. Finalmente questa grande opera, La città di Dio, fu condotta a termine in ventidue libri. I primi cinque confutano coloro i quali vogliono la vicenda umana così prospera da ritenere necessario il culto dei molti dèi che i pagani erano soliti adorare. Sostengono quindi che avvengano in grande numero queste sciagure in seguito alla proibizione del culto politeistico. Gli altri cinque contengono la confutazione di coloro i quali ammettono che le sciagure non sono mai mancate e non mancheranno mai agli uomini e che esse, ora grandi ora piccole, variano secondo i luoghi, i tempi e le persone. Sostengono tuttavia che il politeismo e relative pratiche sacrali sono utili per la vita che verrà dopo la morte. Con questi dieci libri dunque sono respinte queste due infondate opinioni contrarie alla religione cristiana. Qualcuno poteva ribattere che noi avevamo confutato gli errori degli altri senza affermare le nostre verità. Questo è l’assunto della seconda parte dell’opera che comprende dodici libri. Tuttavia all’occasione anche nei primi dieci affermiamo le nostre verità e negli altri dodici confutiamo gli errori contrari. Dei dodici libri che seguono dunque i primi quattro contengono l’origine delle due città, una di Dio e l’altra del mondo; gli altri quattro, il loro svolgimento o sviluppo; i quattro successivi, che sono anche gli ultimi, il fine proprio. Sebbene tutti i ventidue libri riguardino l’una e l’altra città, hanno tuttavia derivato il titolo dalla migliore. Perciò è stata preferita l’intestazione La città di Dio. Nel decimo libro non doveva esser considerato un miracolo il fatto che in un sacrificio che Abramo offrì, una fiamma venuta dal cielo trascorse tra le vittime divise a metà 2, perché gli fu mostrato in una visione. Nel libro decimosettimo si afferma di Samuele che non era dei figli di Aronne 3. Era preferibile dire: Non era figlio di un sacerdote. Infatti era piuttosto costume garantito dalla legge che i figli dei sacerdoti succedessero ai sacerdoti defunti; tra i figli di Aronne si trova appunto il padre di Samuele, ma non fu sacerdote. Né si deve considerare tra i figli, nel senso che discendesse da Aronne, ma nel senso che tutti gli appartenenti al popolo ebraico son detti figli di Israele. L’opera comincia così: Gloriosissimam civitatem Dei.
Lettera 212/A. Scritta nel 426. Agostino invia a Firmo i XXII ll. de La città di Dio con un riassunto generale e uno particolare a ciascun libro, indicandogli a chi darli a copiare:

Agostino invia cristiani saluti a Firmo, signore egregio e degno d’onore oltre che venerabile figlio

Come ti avevo promesso, ti ho inviato i libri su La città di Dio, che mi avevi chiesti con immensa premura, dopo che li ho riletti; cosa questa che ho fatto sì con l’aiuto di Dio, ma dietro le preghiere di Cipriano, tuo fratello germano e figlio mio, così insistenti come io avrei desiderato mi fossero rivolte. Sono ventidue quaderni ch’è difficile ridurre in un solo volume; se poi vuoi farne due volumi, devi dividerli in modo che uno contenga dieci libri e l’altro dodici. Eccone il motivo: nei primi dieci sono confutati gli errori dei pagani, nei restanti invece è dimostrata e difesa la nostra religione, quantunque ciò sia stato fatto anche nei primi dieci, dov’è parso più opportuno, e l’altra cosa sia stata fatta anche in questi ultimi. Se invece preferisci farne non solo due ma più volumi, allora è opportuno che tu ne faccia cinque volumi, di cui il primo contenga i primi cinque libri nei quali si discute contro coloro i quali sostengono che, alla felicità della vita presente, giova il culto non proprio degli dèi ma dei demoni; il secondo volume contenga i seguenti altri cinque libri i quali confutano coloro che credono debbano adorarsi, mediante riti sacri e sacrifici, numerosissimi dèi di tal genere o di qualunque altro genere, in grazia della vita che verrà dopo la morte. Allora i seguenti altri tre volumi dovranno contenere ciascuno quattro dei libri seguenti. Da noi infatti, la medesima parte è stata distribuita in modo che quattro libri mostrassero l’origine della Città di Dio e altrettanti il suo progresso, o come abbiamo preferito chiamarlo, sviluppo, mentre i quattro ultimi mostrano i suoi debiti fini. Se poi, come sei stato diligente a procurarti questi libri, lo sarai anche a leggerli, comprenderai, per la tua esperienza personale, anziché per la mia assicurazione, quanto aiuto potranno arrecare. Ti prego di degnarti volentieri di dare, a coloro che li chiedono per copiarli, i libri di quest’opera su La città di Dio, che i nostri fratelli di costì a Cartagine ancora non hanno. A ogni modo non li darai a molti, ma solo a uno o al massimo a due; questi poi li daranno a tutti quanti gli altri. Inoltre, il modo con cui darli, non solo ai fedeli cristiani tuoi amici che desiderano istruirsi, ma anche a quanti siano legati a qualche superstizione, dalla quale potrà sembrare che possano essere liberati per mezzo di questa nostra fatica in virtù della grazia di Dio, veditelo da te stesso. Io farò in modo – se Dio lo vorrà – di scriverti spesso per chiederti a quale punto sei giunto nel leggerli. Istruito come sei, non ignori quanto giovi una lettura ripetuta per comprendere quel che si legge. In realtà non v’è alcuna difficoltà di comprendere o è certo minima quando esiste la facilità di leggere, la quale diventa tanto maggiore quanto più la lettura è ripetuta, di modo che mediante la continua ripetizione [si capisce chiaramente quello che, per mancanza di diligenza], era stato duro da intendere. Mio venerabile figlio Firmo, signore esimio e degno d’essere onorato, ti prego di rispondermi per farmi sapere in qual modo sei arrivato a procurarti i libri Sugli Accademici scritti da me poco dopo la mia conversione, poiché in una lettera precedente l’Eccellenza tua mi ha fatto credere che ne era a conoscenza. Quanti argomenti poi comprenda l’opera scritta nei ventidue libri lo indicherà il sommario che ti ho inviato.


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