domenica 23 gennaio 2011

Il Libro di Giobbe - Diciannovesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con il Libro di Giobbe; questa settimana leggiamo e meditiamo la risposta del protagonista di questo libro e cioè Giobbe:

21

1Giobbe rispose:
2Ascoltate bene la mia parola
e sia questo almeno il conforto che mi date.
3Tollerate che io parli
e, dopo il mio parlare, deridetemi pure.
4Forse io mi lamento di un uomo?
E perché non dovrei perder la pazienza?
5Statemi attenti e resterete stupiti,
mettetevi la mano sulla bocca.
6Se io ci penso, ne sono turbato
e la mia carne è presa da un brivido.
7Perché vivono i malvagi,
invecchiano, anzi sono potenti e gagliardi?
8La loro prole prospera insieme con essi,
i loro rampolli crescono sotto i loro occhi.
9Le loro case sono tranquille e senza timori;
il bastone di Dio non pesa su di loro.
10Il loro toro feconda e non falla,
la vacca partorisce e non abortisce.
11Mandano fuori, come un gregge, i loro ragazzi
e i loro figli saltano in festa.
12Cantano al suono di timpani e di cetre,
si divertono al suono delle zampogne.
13Finiscono nel benessere i loro giorni
e scendono tranquilli negli inferi.
14Eppure dicevano a Dio: "Allontanati da noi,
non vogliamo conoscer le tue vie.
15Chi è l'Onnipotente, perché dobbiamo servirlo?
E che ci giova pregarlo?".
16Non hanno forse in mano il loro benessere?
Il consiglio degli empi non è lungi da lui?
17Quante volte si spegne la lucerna degli empi,
o la sventura piomba su di loro,
e infliggerà loro castighi con ira?
18Diventano essi come paglia di fronte al vento
o come pula in preda all'uragano?
19"Dio serba per i loro figli il suo castigo...".
Ma lo faccia pagare piuttosto a lui stesso e lo senta!
20Veda con i suoi occhi la sua rovina
e beva dell'ira dell'Onnipotente!
21Che cosa gli importa infatti della sua casa dopo di sé,
quando il numero dei suoi mesi è finito?
22S'insegna forse la scienza a Dio,
a lui che giudica gli esseri di lassù?
23Uno muore in piena salute,
tutto tranquillo e prospero;
24i suoi fianchi sono coperti di grasso
e il midollo delle sue ossa è ben nutrito.
25Un altro muore con l'amarezza in cuore
senza aver mai gustato il bene.
26Nella polvere giacciono insieme
e i vermi li ricoprono.
27Ecco, io conosco i vostri pensieri
e gli iniqui giudizi che fate contro di me!
28Infatti, voi dite: "Dov'è la casa del prepotente,
dove sono le tende degli empi?".
29Non avete interrogato quelli che viaggiano?
Non potete negare le loro prove,
30che nel giorno della sciagura è risparmiato il malvagio
e nel giorno dell'ira egli la scampa.
31Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta
e di quel che ha fatto chi lo ripaga?
32Egli sarà portato al sepolcro,
sul suo tumulo si veglia
33e gli sono lievi le zolle della tomba.
Trae dietro di sé tutti gli uomini
e innanzi a sé una folla senza numero.
34Perché dunque mi consolate invano,
mentre delle vostre risposte non resta che inganno?


COMMENTO

L'immagine dei malvagi delineata da Giobbe non è lontana dall'immagine odierna di questi, anzi è pressoché identica. Giobbe dice che i loro figli cantano e si divertono al suono delle cetre e delle zampogne, così come i ribelli di oggi gridano frasi volgari e si sballano alle musiche assordanti nelle discoteche, o come i figli dei malavitosi che seminano terrore e preoccupazione in giro perché "protetti" dalle minacce e dall'"onore" dei loro padri. Vediamo gli empi vivere nell'abbondanza, prosperare e avere case oltremisura, mentre i poveri faticano a trovare un tozzo di pane e su questo Giobbe dice bene nel domandare perché i malvagi vivono a lungo e hanno potere? In effetti ci sono tanti uomini malvagi nel mondo i quali continuano a seminare odio e terrore. Gli amici di Giobbe credono che questi sia stato punito per le sue iniquità, ma in verità egli sta vivendo la prova di fedeltà, quella stessa prova alla quale noi tutti spesso siamo sottoposti.

Anche se i malvagi prosperano, sappiamo che questi un giorno dovranno rendere conto di tutte le loro azioni davanti all'Eterno Giudice. Dice un brano dei Proverbi: Non invidiare l'uomo violento e non imitare affatto la sua condotta,  perché il Signore ha in abominio il malvagio, mentre la sua amicizia è per i giusti. Il povero deve continuare a perseverare nell'onestà anche se questa è la causa della sua povertà e anzi è questa stessa che attesta la fedeltà dei poveri a Dio. I malvagi si arricchiscono per mezzo della loro disonestà, anche se non sempre chi possiede beni è disonesto, anzi alcuni posseggono beni perché hanno ricevuto la benedizione del Signore e magari perché sanno ben disporre delle loro ricchezze donandole ai poveri.

A che giova dunque accumulare ricchezze nella disonestà quando al termine della nostra vita perderemo tutto, non solo le ricchezze terrene, ma soprattutto quelle spirituali, le perderemo per sempre se non ci convertiremo. Il povero onesto vive la stessa condizione di Giobbe, è chiamato cioè tutti i giorni a ringraziare il Signore pur non possedendo beni. E anzi il povero, come ci insegna la parabola del ricco Epulone e il povero Lazzaro, avrà di che saziarsi, in eterno, nel Regno dei Cieli al contrario del ricco che avrà sete e patirà le più terribili pene, per sempre.

Tornando agli amici di Giobbe, questi sono uomini infedeli perché nelle loro risposte c'è rabbia. Invece di mettersi a consolare il loro amico lo contraddicono con ira ingiustificata. La scorsa settimana abbiamo letto la risposta stizzita di Zofar il Naamatita, altre volte di Elifaz, altre di Bildad. Sono la prefigurazione dei farisei ai tempi di Gesù i quali cercavano davanti al Maestro giustissimo di avere sempre la meglio, ma la loro ipocrisia testimoniava contro di essi e il Signore faceva loro notare le loro opere inique, come ad esempio l'elusione dei comandamenti di Dio a favore delle loro tradizioni.

Nella prossima settimana leggeremo la risposta di Elifaz il Temanita accusando Giobbe di peccati che non ha mai commesso, dimostrando ancora una volta di possedere pregiudizio e cattiveria in cuor suo, tipico esempio di uomini ipocriti i quali provano gusto nell'accusare gli altri, cercando di passare come uomini giusti, pur non essendolo.

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