venerdì 18 febbraio 2011

Siracide - Ventunesimo appuntamento

Riprendiamo il nostro percorso del venerdì con il Siracide; oggi siamo giunti al ventunesimo capitolo che ci presenta il peccato nella sua intrinseca pericolosità e nella destinazione di chi ne segue la via:

[1]Figlio, hai peccato? Non farlo più
e prega per le colpe passate.
[2]Come alla vista del serpente fuggi il peccato:
se ti avvicini, ti morderà.
Denti di leone sono i suoi denti,
capaci di distruggere vite umane.
[3]Ogni trasgressione è come spada a doppio taglio:
non c'è rimedio per la sua ferita.
[4]Spavento e violenza fanno svanire la ricchezza;
così la casa del superbo sarà devastata.
[5]La preghiera del povero va dalla sua bocca agli orecchi di Dio,
il giudizio di lui verrà a suo favore.
[6]Chi odia il rimprovero segue le orme del peccatore,
ma chi teme il Signore si convertirà di cuore.
[7]Da lontano si riconosce il linguacciuto,
ma l'assennato conosce il suo scivolare.
[8]Chi costruisce la sua casa con ricchezze altrui
è come chi ammucchia pietre per l'inverno.
[9]Mucchio di stoppa è una riunione di iniqui;
la loro fine è una fiammata di fuoco.
[10]La via dei peccatori è appianata e senza pietre;
ma al suo termine c'è il baratro degli inferi.

COMMENTO 


Quello di oggi è un passo molto importante per noi peccatori, in quanto si sofferma proprio sul peccato e sulla sua intrinseca pericolosità. E' forte il richiamo a sfuggire il peccato: viene infatti utilizzata un'analogia molto forte e cioè viene preso in considerazione come termine di paragone il serpente. Pensiamoci: quando noi vediamo un serpente, la prima reazione è di paura e di conseguenza scappiamo il più veloce possibile perchè temiamo ciò che potrebbe farci, soprattutto se velenoso. Non ci pensiamo nemmeno ad avvicinarci perchè lo temiamo e conosciamo la sua velocità di azione.
 Allo stesso modo, dobbiamo fuggire alla vista del peccato in quanto il peccato è ancor più velenoso del serpente perchè avvelena non il corpo, ma l'anima condannandola a morte. E anche con il peccato bisogna esser prudenti evitando di avvicinarsi perchè nel momento in cui ci avviciniamo, diveniamo facili prede, senza via di fuga alcuna. 
Dunque quest'analogia serve a farci comprendere la pericolosità del peccato che tutti noi dobbiamo tenere lontano il più possibile: ci sono molti, invece, che stoltamente si mettono alla prova. Sfidano il peccato credendo di poter sfuggire, ma in questo modo, non fanno altro che divenire delle facili prede del divoratore per eccellenza e cioè del maligno. Pensiamo ad esempio alle droghe, alla sessualità impropria o ad altri vizi capitali: molte volte li sfidiamo a viso aperto, pensando di avere sufficiente autocontrollo e capacità di dominio: ma una volta avvicinati, siamo come attratti da qualcosa che ci inibisce ogni forma di autocontrollo trasformandoci in una sorta di marionetta, incapace di reagire ai movimenti imposti. E così si rischia di entrare anche in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire: pensiamo alle varie forme di dipendenza dal peccato come la lussuria che tende a legare il peccatore al peccato in forma ossessiva. 
Ecco perchè il peccato non va mai giustificato né sottovalutato poiché in questo modo si rischia di contribuire ad accrescerne la potenzialità: e purtroppo, oggi, questo avviene spesso. Il peccato è oggi rafforzato in quante ha molte vie per tentare le anime e in quanto viene ripetutamente minimizzato e giustificato; pensiamo ai mass media che rendono lecito ciò che lecito non è come l'omosessualità o il sesso precoce o l'ingordigia e pensiamo a quante tentazioni sgorgano da esse. Se ai tempi di questo scritto, l'autore era così preoccupato dal sottolineare la pericolosità del peccato in analogia alla pericolosità del serpente, tanto più ciò deve valere oggi considerando che la pericolosità del peccato ha superato persino quella del serpente perchè nel mondo di oggi, è come se vivessimo circondati da una miriade di serpi velenose che ci impediscono di uscire o di scappar via. Per questo dobbiamo acquisire ancora più forza di volontà nel mantenere il peccato lontano da noi, cercando in ogni modo di mantenerlo a debita distanza, per evitare che ci possa avvelenare. 

L'autore del Siracide si spinge anche più in là e ci delinea qual è la meta finale che attende i peccatori: il baratro degli inferi. Questa è un ulteriore prova dell'esistenza di quel luogo definito da Gesù come luogo di pianto e stridore di denti: un luogo su cui oggi, molti dubitano dell'esistenza reale e concreta. E' assurdo pensare che l'inferno non esista: oggi ne abbiamo trovato un ulteriore riferimento come termine della via dei peccatori; una via spianata, priva di pietre, di facile percorribilità, ma che conduce in un luogo di morte. Gesù per questo dice: "Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti son quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano" (Matteo 7:13-14).


Dunque abbiamo dinanzi due vie: l'una di facile percorribilità, comoda o, come diremmo oggi, asfaltata; l'altra di difficile percorribilità, scomoda, angusta e non asfaltata. La ragione umana ci consiglierebbe di prendere la via comoda perchè non richiede la nostra fatica, ma la ragione divina, la nostra coscienza ci impone di prendere la strada scomoda e angusta perchè la meta è il Regno dei Cieli e l'anima nostra anela questo luogo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Non ci resta che compiere questa scelta: se seguire la ragione umana o se seguire la ragione divina! 

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