mercoledì 16 febbraio 2011

Verità della Fede - IV parte

Continuiamo l'approfondimento sulle "Verità della Fede" attraverso le attenti analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Oggi il Santo Vescovo, Fondatore dei Redentoristi e Dottore della Chiesa, continua a dimostrare attraverso il quarto capitolo che tra poco andremo a leggere, l'esistenza di Dio attraverso un'accurato approfondimento.

Non ci resta ora che continuare questo percorso a beneficio della nostra Fede e a Gloria di Dio.



Verità della Fede

di Sant'Alfonso Maria de' Liguori

CAP. IV. Si prova l'esistenza di Dio dalla contingenza delle creature; poiché, essendo elle contingenti, dee darsi l'ente necessario, per cui esse esistano.

1. Prima di tutto bisogna qui distinguere e vedere che cosa sia l'ente necessario, e che cosa l'ente contingente. L'ente necessario è quello che esiste e non può non esistere, poiché ha l'essere da sé e non per propria volontà, ma per necessità di sua natura. Ed essendo da sé, dee essere necessariamente unico, eterno e perfettissimo. Dee esser unico, altrimenti non sarebbe necessario. Dee esser eterno, altrimenti, essendo da sé e non da altri, se non fosse stato ab aeterno, non avrebbe potuto dare l'essere a se stesso, quando non era; perché il niente non può dare l'essere a se stesso. Inoltre sarebbe stato nello stesso tempo non esistente, ed esistente; non esistente, perché una volta non era: ed esistente, perché avrebbe avuta la potenza di darsi l'essere, mentre chi ha tal potenza, dee necessariamente esistere. Ora l'essere esistente e non esistente nello stesso tempo sono cose che affatto ripugnano. Dee essere ancora perfettissimo; perché avendo da sé la massima perfezione, qual è l'essere indipendente, niuna perfezione può mancargli ed avendo l'essere da sé, non vi è altra potenza che possa limitargli le perfezioni. Né egli può limitarle a se stesso, perché le perfezioni sue non sono arbitrarie, ma assolutamente necessarie ed intrinseche alla sua natura. Or questo ente necessario noi diciamo essere il nostro Dio.

2. L'ente poi contingente è quello che è indifferente ad essere ed a non essere, e perciò ha bisogno che da altri sia determinato ad essere, in modo che, se non vi fosse stato l'ente necessario che avesse determinati ad essere tutti gli altri enti contingenti, al presente non vi sarebbe alcun ente che esistesse.

3. Or noi vediamo tante cose contingenti: alberi che germinano e poi inaridiscono; fonti che sgorgano e poi seccano; animali che nascono e poi periscono; tutte queste cose così contingenti dimostrano dovervi esser l'ente necessario che le ha prodotte e determinate ad essere; altrimenti di tutto quel che vediamo non vi sarebbe niente. Stringiamo l'argomento. Non può dirsi che tutti gli enti siano necessarj, né che tutti siano contingenti. Non che tutti siano necessarj, primieramente perché ripugna esservi molte sostanze tra sé diverse, ed esser tutte necessarie: secondariamente perché l'ente necessario, come abbiam veduto, essendo da sé, e non essendovi chi possa limitarlo, egli è infinitamente perfetto; ma noi vediamo quaggiù tanti oggetti sensibili, tutti imperfetti; dunque non possono questi esser enti necessarj. Inoltre, come abbiam detto, l'ente necessario dee essere eterno, perché altrimenti non sarebbe stato necessario; ma noi vediamo tante cose che oggi sono, e prima non erano, v. gr., tanti bambini che ora vivono, e pochi anni fa erano niente. Non può dirsi all'incontro che tutti gli enti siano contingenti, perché se tutte le cose fossero state contingenti prima che avessero cominciato ad esistere, sarebbero state insieme possibili ed impossibili: possibili, perché sarebbero capaci d'aver l'essere, come già in fatti molti oggetti contingenti l'hanno; impossibili, perché da una parte non potrebbero esse prodursi da sé, essendo contingenti, dall'altra non vi sarebbe chi potesse dar loro l'essere, giacché tutte sono contingenti. Dunque se gli enti non son tutti necessarj, né son tutti contingenti, abbiamo da confessare che vi sia un solo ente necessario, e che tutti gli altri che sono contingenti sieno stati da quello prodotti; altrimenti non vi sarebbe nel mondo alcun oggetto prodotto. L'argomento è chiaro e non soffre replica.

4. I materialisti non negano, perché non possono negarlo, che vi sia l'ente necessario; ma dicono che questo ente necessario è la materia eterna ed increata, asserendo che tutti gli enti, ancorché prodotti, non hanno ricevuto l'essere da Dio (ch'è l'ente necessario, come noi crediamo), ma l'hanno avuto da loro stessi ab eterno, essendo stati prodotti sin dall'eternità successivamente l'uno dall'altro. Sicché rispondo: questa materia eterna, che si considera come causa produttrice, non è altro che gli stessi enti producenti l'un l'altro successivamente ab eterno. Ma posto ciò non è causa la materia degli enti, ma gli enti son causa di loro stessi. E questo non può essere, come abbiamo già risposto di sopra, perché senza prima causa producente non vi può essere alcun effetto prodotto; altrimenti questi enti prodotti l'un dall'altro ab eterno, come dicemmo, sarebbero insieme dipendenti e indipendenti: dipendenti, perché niun di loro avrebbe ricevuto l'essere da sé, ma ognuno dall'altro: indipendenti, perché tutti essi non dipenderebbero da cause estrinseche, ma avrebbero l'essere da se stessi.

5. Oltreché se la materia avesse avuto l'essere da se stessa, senza che alcun autore l'avesse creata, ella non avrebbe potuto da sé aver moto, poiché la materia di sua natura è inerte ed inattuosa. Sicché se tutti gli enti così del cielo come della terra, essendo materiali, non avessero avuto un agente estrinseco che avesse potuto lor dare il moto, tutti sarebbero rimasti immoti; onde non vi sarebbero più né generazioni di animali né propagazioni di piante; gli alberi non potrebbero produrre più frutti; la terra non potrebbe produrre più erbe e biade, non vi sarebbero più venti né piogge; perché tutte queste cose agiscono per via di moto, e tutte non avrebbero potuto da se stesse averlo. Ma di ciò si parlerà più a lungo in tutto il capo seguente.

6. Restringiamo in breve quel che si è detto nel presente capo, per concludere esser evidente che vi è un Dio autore del tutto. Non può dirsi che tutti gli enti sieno necessarj; perché se tutti fossero stati necessarj, essendo da sé, tutti sarebbero perfettissimi e tutti eterni; quando che all'incontro noi vediamo tanti oggetti imperfetti e prodotti nel tempo, poiché prima non erano, ed ora sono. Non può dirsi neppure che tutti gli enti siano contingenti; perché se tutti fossero tali, non vi sarebbe nel mondo alcun ente esistente, attesoché niun ente avrebbe potuto dar l'essere a se stesso. Né occorre il replicare che questi enti hanno avuto l'essere ab eternosuccessivamente l'uno dall'altro; perché sarebbero effetti senza causa, il che è impossibile, e sarebbero stati oggetti che si muovono senza aver moto; poiché la materia per sua natura è inerte ed oziosa. Posto dunque che tutti gli enti non possono essere tutti necessarj, né tutti contingenti, necessariamente dee ammettersi un ente necessario che abbia da sé la ragion sufficiente della sua esistenza indipendente, e la virtù di dar l'essere a tutti gli altri enti contingenti: e questo è Dio, il quale è creatore e conservatore di tutte le creature, che sono contingenti.

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