lunedì 21 marzo 2011

I Proverbi - Ventisettesimo appuntamento

Prosegue l'appuntamento del lunedì con Il Libro dei Proverbi. Oggi leggiamo e meditiamo il ventisettesimo capitolo:


1Non ti vantare del domani,
perché non sai neppure che cosa genera l'oggi.
2Ti lodi un altro e non la tua bocca,
un estraneo e non le tue labbra.
3La pietra è greve, la sabbia è pesante,
ma più dell'una e dell'altra lo è il fastidio dello stolto.
4La collera è crudele, l'ira è impetuosa;
ma chi può resistere alla gelosia?
5Meglio un rimprovero aperto
che un amore celato.
6Leali sono le ferite di un amico,
fallaci i baci di un nemico.
7Gola sazia disprezza il miele;
per chi ha fame anche l'amaro è dolce.
8Come un uccello che vola lontano dal nido
così è l'uomo che va errando lontano dalla dimora.
9Il profumo e l'incenso allietano il cuore,
la dolcezza di un amico rassicura l'anima.
10Non abbandonare il tuo amico né quello di tuo padre,
non entrare nella casa di tuo fratello
nel giorno della tua disgrazia.
Meglio un amico vicino che un fratello lontano.
11Sii saggio, figlio mio, e allieterai il mio cuore
e avrò di che rispondere a colui che mi insulta.
12L'accorto vede il pericolo e si nasconde,
gli inesperti vanno avanti e la pagano.
13Prendigli il vestito perché si è fatto garante per uno straniero
e tienilo in pegno per gli sconosciuti.
14Benedire il prossimo di buon mattino ad alta voce
gli sarà imputato come una maledizione.
15Il gocciolar continuo in tempo di pioggia
e una moglie litigiosa, si rassomigliano:
16chi la vuol trattenere, trattiene il vento
e raccoglie l'olio con la mano destra.
17Il ferro si aguzza con il ferro
e l'uomo aguzza l'ingegno del suo compagno.
18Il guardiano di un fico ne mangia i frutti,
chi ha cura del suo padrone ne riceverà onori.
19Come un volto differisce da un altro,
così i cuori degli uomini differiscono fra di loro.
20Come gli inferi e l'abisso non si saziano mai,
così non si saziano mai gli occhi dell'uomo.
21Come il crogiuolo è per l'argento e il fornello per l'oro,
così l'uomo rispetto alla bocca di chi lo loda.
22Anche se tu pestassi lo stolto nel mortaio
tra i grani con il pestello,
non scuoteresti da lui la sua stoltezza.
23Preòccupati del tuo gregge,
abbi cura delle tue mandrie,
24perché non sono perenni le ricchezze,
né un tesoro si trasmette di generazione in generazione.
25Si toglie il fieno, apparisce l'erba nuova
e si raccolgono i foraggi dei monti;
26gli agnelli ti danno le vesti
e i capretti il prezzo per comprare un campo,
27le capre latte abbondante per il cibo
e per vitto della tua famiglia.
e per mantenere le tue schiave.


COMMENTO

Significativa la frase con la quale esordisce questo capitolo ventisette. Ci sono uomini infatti che dicono: "Domani farò questa grande opera", vantandosi di capacità non loro, ma non sanno che il Signore potrebbe richiedere loro la vita nel giorno stesso. L'umiltà è la vela che permette di percorrere il mare della santità; la vela da sola non si gonfia, ma è gonfiata dal vento. Così l'umile sarà esaltato da Dio  e navigherà i mari che conducono ai lidi della salvezza. Prosegue infatti il capitolo che abbiamo appena letto, dicendo che siano gli altri a lodare l'uomo ma non l'uomo sé stesso. La superbia è un pericolo per chi l'accresce nel proprio cuore; c'è chi per un atto di superbia rischia la vita e la perde. La superbia equivale a una brusca sterzata che fa ribaltare la macchina. Guai all'uomo che si esalta e si fa i complimenti da solo, perché perderebbe di vista quanto di buono ha imparato, sviando e perdendosi. E' necessario praticare ogni giorno la santa virtù dell'umiltà senza mai sperare di ricevere in cambio lodi o doni per le proprie azioni.

In conclusione ci soffermiamo sulla frase dei versetti 6 e 7. I ricchi disprezzano ciò che è buono perché sono abituati a lussi, mentre i poveri come abbiamo potuto anche ascoltare dalle drammatiche testimonianze che ci sono pervenute in passato da Haiti o più recentemente dalla Corea del Nord, paesi nei quali i poveri sono costretti a mangiar la terra. Allora vediamo i ricchi viziati lamentarsi di un cibo prelibato perché abituati a pietanze costosissime, mentre i poveri si accontentano anche di un cibo amaro. Un giorno però, e noi ne siamo certi, i ricchi se non si convertiranno, nemmeno l'amaro ci sarà per loro ma fame e sete eterna, i poveri invece avranno di che sfamarsi, in eterno, e noi lo crediamo perché fidenti nella promessa di Cristo nostro Signore.

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