lunedì 2 maggio 2011

Redemptor hominis - La Prima Enciclica di Giovanni Paolo II - I

Avendo concluso l'appuntamento di approfondimento dei Proverbi, cominciamo un nuovo appuntamento che trae origine dall'amore che la nostra piccola e umile Vigna nutre nei confronti dell'ormai Beato Giovanni Paolo II. In seguito alla sua Beatificazione, vogliamo fare in modo di ricordare non solo il suo operato umano e il suo incredibile amore verso gli uomini tutti, ma anche il contenuto del suo operato e delle sue idee. Per questo motivo, oggi cominciamo la lettura della prima Enciclica di Papa Wojtyla, pubblicata appena cinque mesi dopo l'inizio del suo pontificato. E' un'Enciclica molto forte che cerca di rispondere ai dubbi e ai problemi dell'uomo contemporaneo, cercando allo stesso modo di ridare vitalità all'opera della Chiesa, convogliandone le energie positive che, secondo lui, erano più forti e "ben più potente dei sintomi di dubbio, di crollo e di crisi" (RH 5).
Cominciamo la lettura che ci mostra l'analisi di Giovanni Paolo II sull'uomo nel momento in cui si era vicini al termine del secondo millennio. D'altronde, uno dei baluardi del pontificato del nostro caro Papa polacco è stato proprio il pensiero, o meglio, la missione di voler portare la Chiesa Cattolica nel Terzo Millennio:

Ioannes Paulus PP. II

Redemptor hominis

ai venerati fratelli nell'episcopato ai sacerdoti e alle famiglie religiose
ai figli e figlie della Chiesa e a tutti gli uomini di buona volontà
all'inizio del suo ministero pontificale

1979.03.04

I – Eredità

Venerati Fratelli e carissimi Figli ,
 salute e Apostolica Benedizione! 

1. Al termine del secondo Millennio

IL REDENTORE DELL'UOMO, Gesù Cristo, è centro del cosmo e della storia. A Lui si rivolgono il mio pensiero ed il mio cuore in questa ora solenne, che la Chiesa e l'intera famiglia dell'umanità contemporanea stanno vivendo. Infatti, questo tempo, nel quale Dio per un suo arcano disegno, dopo il prediletto Predecessore Giovanni Paolo I, mi ha affidato il servizio universale collegato con la Cattedra di San Pietro a Roma, è già molto vicino all'anno Duemila. È difficile dire, in questo momento, che cosa quell'anno segnerà sul quadrante della storia umana, e come esso sarà per i singoli popoli, nazioni, paesi e continenti, benché sin d'ora si tenti di prevedere taluni eventi. Per la Chiesa, per il Popolo di Dio, che si è esteso - sia pure in modo diseguale - fino ai più lontani confini della terra, quell'anno sarà l'anno di un gran Giubileo. Ci stiamo ormai avvicinando a tale data che - pur rispettando tutte le correzioni dovute all'esattezza cronologica - ci ricorderà e in modo particolare rinnoverà la consapevolezza della verità-chiave della fede, espressa da San Giovanni agli inizi del suo Vangelo: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi»1, e altrove: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna»2.

Siamo anche noi, in certo modo, nel tempo di un nuovo Avvento, ch'è tempo di attesa. «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio...»3, per mezzo del Figlio-Verbo, che si è fatto uomo ed è nato dalla Vergine Maria. In questo atto redentivo la storia dell'uomo ha raggiunto nel disegno d'amore di Dio il suo vertice. Dio è entrato nella storia dell'umanità e, come uomo, è divenuto suo «soggetto», uno dei miliardi e, in pari tempo, Unico! Attraverso l'Incarnazione Dio ha dato alla vita umana quella dimensione che intendeva dare all'uomo sin dal suo primo inizio, e l'ha data in maniera definitiva - nel modo peculiare a Lui solo, secondo il suo eterno amore e la sua misericordia, con tutta la divina libertà - ed insieme con quella munificenza che, di fronte al peccato originale ed a tutta la storia dei peccati dell'umanità, di fronte agli errori dell'intelletto, della volontà e del cuore umano, ci permette di ripetere con stupore le parole della sacra Liturgia: «O felice colpa, che meritò di avere un tanto nobile e grande Redentore!»4.

2. Prime parole del nuovo Pontificato

A Cristo Redentore ho elevato i miei sentimenti e pensieri il 16 ottobre dello scorso anno, allorché, dopo l'elezione canonica, fu a me rivolta la domanda: «Accetti?». Risposi allora: «Obbedendo nella fede a Cristo, mio Signore, confidando nella Madre di Cristo e della Chiesa, nonostante le così grandi difficoltà, io accetto». Quella mia risposta voglio oggi render nota pubblicamente a tutti, senza alcuna eccezione, manifestando così che alla prima e fondamentale verità dell'Incarnazione, già ricordata, è legato il ministero che, con l'accettazione dell'elezione a Vescovo di Roma ed a Successore dell'apostolo Pietro, è divenuto specifico mio dovere nella stessa sua Cattedra.

Scelsi gli stessi nomi, che aveva scelto il mio amatissimo Predecessore Giovanni Paolo I. Difatti, già il 26 agosto 1978, quando egli dichiarò al Sacro Collegio di volersi chiamare Giovanni Paolo - un binomio di questo genere era senza precedenti nella storia del Papato - ravvisai in esso un chiaro auspicio della grazia sul nuovo pontificato. Dato che quel pontificato è durato appena 33 giorni, spetta a me non soltanto di continuarlo, ma, in certo modo, di riprenderlo dallo stesso punto di partenza. Questo precisamente è confermato dalla scelta, da me fatta, di quei due nomi. Scegliendoli, dopo l'esempio del venerato mio Predecessore, desidero come lui esprimere il mio amore per la singolare eredità lasciata alla Chiesa dai Pontefici Giovanni XXIII e Paolo VI, ed insieme la personale mia disponibilità a svilupparla con l'aiuto di Dio.

Attraverso questi due nomi e due pontificati mi riallaccio a tutta la tradizione di questa Sede Apostolica, con tutti i Predecessori nell'arco del ventesimo secolo e dei secoli precedenti, collegandomi via via, secondo le diverse età fino alle più remote, a quella linea della missione e del ministero, che conferisce alla Sede di Pietro un posto del tutto particolare nella Chiesa. Giovanni XXIII e Paolo VI costituiscono una tappa, alla quale desidero riferirmi direttamente come a soglia, dalla quale intendo, in qualche modo insieme con Giovanni Paolo I, proseguire verso l'avvenire, lasciandomi guidare dalla fiducia illimitata e dall'obbedienza allo Spirito, che Cristo ha promesso ed inviato alla sua Chiesa. Egli diceva, infatti, agli Apostoli alla vigilia della sua passione: «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma, quando me ne sarò andato, ve lo manderò»5. «Quando verrà il Consolatore, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio»6. «Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future»7.


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