martedì 14 giugno 2011

La Città di Dio - XXII parte

 Riprendiamo la lettura dell'opera di Sant'Agostino nota come "La città di Dio". Oggi termina la lettura del secondo libro dell'opera agostiniana: la parte conclusiva contiene un'esplicita esortazione del santo d'Ippona rivolta a Roma, affinché abbandoni l'immoralità e il culto di dei pagani e osceni per abbracciare Cristo e vivere onestamente secondo moralità, per guadagnarsi la patria celeste:


26. 1. Le cose stanno dunque così. Apertamente in pubblico sconcezze mischiate a crudeltà, azioni disonorevoli e delitti delle divinità, compiuti o inventati, divennero celebri perché furono loro consacrati e dedicati in determinate solennità fisse dietro loro richiesta e col rischio della loro collera se non si eseguivano. Si affermarono così come spettacolo agli occhi di tutti per essere proposti all'imitazione. Dunque i demoni rivelano con piaceri di tal fatta di essere spiriti immondi, con le proprie dissolutezze e malvagità tanto vere che simulate confermano di esser fautori di scelleratezze e disonestà chiedendo agli svergognati la celebrazione di fatti simili ed estorcendola ai timorati. Perché dunque si dice che nei recessi dei loro templi danno a individui iniziati dei buoni comandamenti relativi a determinati settori della morale 61? Se è vero, si deve rilevare e denunziare una più ammaliziata astuzia degli spiriti cattivi. Tanta è appunto la forza della rettitudine e dell'onestà che tutto o quasi tutto il genere umano è compreso del loro valore e non diviene scostumato al punto di aver perso completamente il senso dell'onestà. Per questo motivo la malvagità dei demoni, a meno che in qualche caso, come leggiamo nella sacra Scrittura, non si modellino in angeli di luce 62, non riesce a condurre a termine l'opera d'inganno. Quindi esteriormente l'oscena empietà giunge rintronando alle masse con grandioso strepito e interiormente la castità nascosta appena si fa udire a pochi; la pubblicità è concessa alle opere disonorevoli, la segretezza alle opere lodevoli; la dignità è nascosta, l'indegnità palese; un'azione cattiva richiama tutti a osservarla, la parola buona trova appena alcuni ad ascoltarla, come se ci si debba vergognare dell'onestà e gloriare della disonestà. E questo dove se non nei templi dei demoni, dove se non nei convegni d'inganno? Avviene così che le persone oneste, che sono poche, siano ingannate senza che i più, i quali sono veramente dissoluti, si ravvedano.

26. 2. Non sappiamo dove e quando gli individui consacrati a Celeste 63 ascoltavano precetti di castità. Noi profani comunque ci radunavamo da ogni parte davanti al suo tempietto, dove potevamo osservare la sua statua ivi collocata. In piedi, dovunque ci si poteva sistemare, assistevamo con molta attenzione agli spettacoli che vi si eseguivano, osservando, col muovere lo sguardo, da una parte una parata lasciva, dall'altra la dea vergine, notando che lei era adorata con religioso rispetto e che davanti a lei si celebravano riti osceni. Non abbiamo visto in quel luogo mimi pudorati o un'attrice più costumata, tutte le parti erano colme di spudoratezza. Si sapeva ciò che era gradito alla divinità vergine e le si offriva ciò che rendeva una donna onesta più informata nel tornare dal tempio alla casa. Alcune più vergognose voltavano la faccia dai gesti osceni degli attori e imparavano con intenzione nascosta la prassi della colpa. Si vergognavano infatti degli uomini e per questo non osavano guardare a viso aperto gesti osceni, ma molto meno osavano condannare con cuore onesto i riti della dea che adoravano. E si dava ad apprendere pubblicamente in un tempio un'azione, per compiere la quale si cercava per lo meno l'intimità nella casa. E il pudore umano, se pur c'era in quel luogo, si meravigliava non poco che gli uomini non commettessero quelle colpe liberamente perché le apprendevano perfino con un rito religioso presso gli dèi col rischio di irritarli se non provvedevano a offrire quel rito. E quale altro spirito, muovendo con segreta istigazione coscienze veramente disoneste, stimola a commettere adulteri e gode di quelli commessi, se non quello che si diletta di riti sacri di quella specie, giacché fa innalzare nei templi le statue dei demoni, ama le rappresentazioni dei vizi negli spettacoli, bisbiglia in privato parole di onestà per ingannare anche le poche persone dabbene, ripropone in pubblico le attrattive della dissolutezza per accalappiare le innumerevoli persone cattive?

27. Cicerone, uomo autorevole e mediocre filosofo, quando stava per divenire edile, informa la cittadinanza che fra le altre mansioni del suo incarico v'era anche quella di placare con la celebrazione di spettacoli Flora dea madre 64. E questi spettacoli di solito si celebravano con riti altrettanto religiosi che osceni. Divenuto console in momenti estremamente difficili per lo Stato, dice in un altro passo che furono dati spettacoli per dieci giorni e che non fu tralasciato provvedimento alcuno destinato a rendere propizi gli dèi 65. Era preferibile irritare dèi di quella specie con la morigeratezza anziché renderli propizi con la dissolutezza, stimolarli perfino all'odio con l'onestà anziché lusingarli con azioni veramente indecorose. Infatti avrebbero recato minor danno con una spietata efferatezza gli uomini, per i quali gli dèi venivano resi propizi, che gli stessi dèi giacché erano resi propizi con atti di oscena immoralità. Per stornare il pericolo materiale dei nemici, si rendevano benevoli gli dèi con atti da cui era abbattuta la virtù morale ed essi non si opponevano a coloro che assediavano le mura se prima non demolivano i buoni costumi. Tutta la cittadinanza dunque, in onore di divinità siffatte, imparava in pubblico con la vista e l'udito questo rito propiziatorio veramente sfacciato, impudico, sfrontato, disonesto e sconcio, anche se la nobile tempra della moralità romana aveva considerato inabili alle cariche, estromesso dalla tribù, ritenuto privi di onore e dichiarato infami coloro che lo eseguivano. Intendo parlare del vergognoso rito propiziatorio, che la vera religione deve aborrire ed esecrare, offerto a divinità di quella specie, delle rappresentazioni delittuosamente oscene contro gli dèi, delle gesta ignominiose degli dèi compiute per scelleratezza o disonestà ovvero immaginate con maggiore scelleratezza e disonestà. La cittadinanza osservava che quelle esecuzioni erano gradite agli dèi e credeva quindi che non solo doveva loro offrirle ma anche imitarle. Non conosceva però quel non so che di moralmente onesto che si insegnava, seppure si insegnava, a così pochi e in forma così esoterica, perché si temeva di più che fosse divulgato che non venisse osservato 66.


28. Individui ingiusti, ingrati e posseduti con vincoli più stretti dallo spirito iniquo lamentano e brontolano che gli uomini mediante il nome di Cristo siano liberati dal giogo infernale e dalla comunanza nelle pene con le potenze del male e trasferiti dalle tenebre di una dannosissima empietà alla luce di una salutare pietà. E si lamentano perché le masse confluiscono nella chiesa in onesto assembramento, in una onorata distinzione dei due sessi, perché nella chiesa ascoltano come devono vivere moralmente nel tempo per meritare di vivere dopo questa vita in una perenne felicità, perché nella chiesa mediante le parole della sacra Scrittura, che è insegnamento di giustizia, rivolte da un luogo elevato alla presenza di tutti, gli osservanti ascoltino per la ricompensa, i trasgressori per la condanna. Che se nella chiesa vengono anche alcuni motteggiatori di questi insegnamenti, la loro sfrontatezza o viene abbandonata per improvviso ravvedimento o frenata dal timore e dal rispetto. Infatti non si propone alla loro attenzione e imitazione un rito delittuosamente sconcio, giacché in quel luogo si propongono gli insegnamenti o si narrano i miracoli o si riconoscono i doni o si invoca la bontà del Dio vero.

29. 1. Desidera piuttosto questi beni, o nobile tempra romana o progenie dei Regoli, degli Scevola, degli Scipioni, dei Fabrizi ; desidera questi beni piuttosto e riconosci che sono diversi dalla oscena frivolezza e ingannevole malvagità dei demoni. Se qualche cosa in te di nobile risalta per naturale disposizione, soltanto con la vera pietà è nobilitato fino alla compiutezza, con l'empietà è sprecato e avvilito. Scegli ormai che cosa devi seguire per ottenere di essere lodata senza errore, non in te ma nel Dio vero. Nei tempi andati avesti la gloria tra i popoli ma per un occulto giudizio della divina provvidenza ti mancò la vera religione da scegliere. Svegliati, è giorno, come ti sei svegliata in alcuni dei tuoi, della cui virtù perfetta e perfino del martirio per la vera religione noi cristiani ci gloriamo. Essi combattendo con le potenze nemiche e vincendole con una morte eroica hanno fondato per noi col loro sangue questa patria 67. E a questa patria noi ti invitiamo e sproniamo perché tu sia aggiunta al numero dei cittadini, la cui città di rifugio è in certo senso la vera remissione dei peccati. Non ascoltare i tuoi cittadini degeneri che infamano Cristo o i cristiani accusandoli delle calamità dei tempi perché vorrebbero tempi, in cui non si abbia la vita tranquilla ma la malvagità garantita. Neanche per la patria terrena ti furono graditi tempi simili. È tempo che afferri la patria celeste, giacché per averla non dovrai certamente affannarti e in essa dominerai in una verace perennità. In essa non il fuoco di Vesta, non il Giove di pietra del Campidoglio 68, ma il Dio uno e vero non pone i limiti delle cose e dei tempi ma darà un dominio senza fine 69.

29. 2. Non andare in cerca di dèi falsi e bugiardi, rigettali piuttosto con disprezzo lanciandoti verso la vera libertà. Non sono dèi, sono spiriti malvagi, per i quali è tormento la tua felicità eterna. Si ritiene che Giunone invidiasse ai Troiani, dai quali derivi la stirpe, l'insediamento sui colli di Roma 70. Molto di più questi demoni, che tuttora consideri dèi, invidiano a tutto il genere umano la patria eterna. E tu stessa hai giudicato in gran parte questi spiriti, perché li hai resi propizi con spettacoli, ma hai deciso che fossero infami gli individui, dai quali hai fatto eseguire gli spettacoli medesimi. Permetti che si affermi la tua libertà contro spiriti immondi che avevano imposto sul tuo collo il peso di celebrare con rito sacro in loro onore la propria ignominia. Hai reso inabili alle cariche gli attori dei delitti divini, supplica il vero Dio ché allontani da te gli dèi che si vantano dei propri delitti, o veri, e questo è estremamente vergognoso, o inventati, e questo è estremamente malizioso. Hai fatto bene nel decidere di tua iniziativa che la comunanza dei diritti civili non fosse accessibile a istrioni e attori. Svégliati pienamente. In nessuna maniera si placa la maestà divina con arti, da cui è macchiata la dignità umana. Con quale criterio ritieni che si devono annoverare fra le sante potenze celesti gli dèi che si dilettano di simili ossequi, se hai ritenuto che gli individui, per mezzo dei quali si presentano questi ossequi, non si devono annoverare fra i cittadini romani di qualunque ceto siano? Senza confronto più illustre è la città dell'alto perché in essa la vittoria è verità, la dignità è santità, la pace è felicità, la vita è eternità. A minor ragione essa ha nella sua società dèi di quella specie, se tu ti sei vergognata di avere nella tua individui della medesima specie. Quindi se desideri giungere alla città felice, evita il rapporto con i demoni. È indignitoso che siano onorati dagli onesti coloro che sono resi propizi per mezzo di individui indegni. Siano dunque rimossi dal tuo religioso ossequio mediante la purificazione cristiana come gli attori furono rimossi dalla dignità di tuoi cittadini con nota del censore. Si crede poi che i demoni abbiano poteri sui beni temporali, i soli di cui i malvagi vogliono godere, e sui mali temporali, i soli che gli iniqui non vogliono subire. Comunque se avessero tale potere, a più forte ragione dovremmo disprezzare i beni del mondo anziché a causa loro adorare i demoni e adorandoli non riuscire a raggiungere quei beni che essi ci invidiano. Tuttavia esamineremo in seguito che essi non hanno potere neanche nelle cose del mondo, come pensano coloro i quali si affannano a dimostrare che in vista di esse bisogna adorarli. Perciò qui ha termine il presente volume.

 

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