martedì 23 agosto 2011

La Città di Dio - XXXI parte

Riprendiamo la lettura dell'opera di Sant'Agostino nota come "La città di Dio": continuiamo a vedere le sciagure che hanno colpito Roma tra le quali spiccano oggi le sedizioni dei Gracchi e varie guerre civili:


24. Inizio dei mali civili furono le sedizioni dei Gracchi suscitate dalle leggi agrarie. Volevano distribuire al popolo i terreni che la nobiltà possedeva illegalmente. Ma osare di eliminare una ingiustizia ormai vecchia fu molto pericoloso e, come il fatto dimostrò, veramente deleterio. Molte uccisioni furono eseguite quando fu ucciso il primo dei Gracchi; così pure quando, non molto tempo dopo, fu ucciso il fratello. Infatti tanto nobili che popolani venivano giustiziati non in base alle leggi e col mandato dei magistrati ma durante le turbolenze e nei conflitti armati. Dopo l'uccisione del secondo Gracco il console Lucio Opimio, che aveva incitato alle armi contro di lui la città, dopo averlo abbattuto e ucciso assieme ai compagni, ordinò una grande strage di cittadini. Avendo poi fra mano l'inchiesta e perseguendo gli altri gregari col processo giudiziario, ne fece condannare a morte, come si racconta, tremila 98. Si può congetturare il numero delle esecuzioni di un cieco conflitto armato se l'informazione dovuta alla procedura ha fornito un sì gran numero di sentenze. L'uccisore del Gracco ne vendette la testa al console avendo in cambio il peso corrispondente in oro. Era un contratto stipulato prima dell'eccidio. Fu ucciso in quel caso con i figli anche l'ex console Marco Fulvio.

25. Con opportuna delibera del senato, nel luogo in cui avvenne il fatale tumulto, in cui tanti cittadini di qualsiasi classe caddero, fu eretto il tempio a Concordia, perché testimone della pena dei Gracchi, colpisse la vista dei comizianti e ne stimolasse la memoria. Ma costruire un tempio a quella dea fu unicamente uno scherno contro gli dèi. Sembra quasi che se fosse stata in città, questa non sarebbe andata in rovina benché disgregata da tanti dissensi. Ma forse Concordia, colpevole del delitto di avere abbandonato la coscienza dei cittadini, meritò di essere rinchiusa in quel tempio come in un carcere. E per quale motivo, se volevano adeguarsi ai fatti, in quel posto non costruirono un tempio a Discordia? E si può dare una ragione per cui la concordia è una dea e la discordia no, in maniera che secondo la distinzione di Labeone una sia buona, l'altra cattiva? Anche egli, come sembra, aveva questa opinione perché nota che a Roma era stato eretto il tempio tanto a Febbre che a Salute. Per lo stesso motivo doveva essere eretto non solo a Concordia ma anche a Discordia. I Romani dunque scelsero di vivere con grave rischio irritando una dea così malvagia e non ricordarono che la fine di Troia ebbe inizio con il suo sdegno. Non essendo stata invitata con gli altri dèi, suscitò col pretesto di una mela d'oro la lite di tre dee e da qui la rissa delle divinità, la vittoria di Venere, il rapimento di Elena e la distruzione di Troia. Pertanto se, eventualmente sdegnata perché a Roma non meritò di avere un tempio come gli altri dèi, turbava per questo la città con tante sommosse, è probabile che si sia sdegnata più aspramente nel vedere che nel luogo di quella strage, quanto dire della sua opera, era stato eretto un tempio alla sua rivale. I dotti e i sapienti masticano bile quando schernisco queste sciocche credenze. Prestando tuttavia il culto a divinità buone e cattive, non escono dal dilemma di Concordia e Discordia, sia che abbiano trascurato il culto a queste dee e abbiano loro preferito Febbre e Bellona, alle quali hanno costruito templi fin dall'antichità, sia che avessero adorato anche esse, perché quando si è allontanata Concordia, Discordia ha infierito trascinandoli fino alle guerre civili.

26. Pensarono dunque di porre davanti ai comizianti come eccellente salvaguardia dalle sommosse il tempio di Concordia, testimone della strage e del supplizio dei Gracchi. Quale profitto ne ricavarono lo indica il peggiorarsi degli avvenimenti che seguirono. In seguito gli oratori si affaticarono non ad evitare l'esempio dei Gracchi ma a superarne l'intento, come il tribuno della plebe Lucio Saturnino, il pretore Gaio Servilio e più tardi Marco Druso. In seguito alle loro sommosse si ebbero dapprima delle stragi fin d'allora gravissime e poi scoppiarono le guerre sociali. L'Italia ne fu spaventosamente danneggiata e ridotta in uno stato d'incredibile desolazione e spopolamento. Seguirono la guerra servile e le guerre civili. Si ebbero molti combattimenti, fu versato molto sangue, tanto che le popolazioni italiche da cui era rinvigorita la dominazione romana, furono trattate come barbari. Soltanto gli storiografi 99 poi sono riusciti ad esporre in che modo fosse preparata da pochissimi gladiatori, meno di settanta, la guerra servile, a qual numero giungessero gli insorti e come fossero decisi ed energici, quali condottieri del popolo romano gli insorti sconfiggessero e quali città e regioni devastassero e in che modo. E non fu la sola guerra servile. Gli schiavi devastarono anche la provincia della Macedonia e poi anche la Sicilia e il litorale. E chi, data la proporzione degli avvenimenti, potrebbe parlare delle tante e orribili razzie operate dai pirati e delle loro coraggiose guerre?

27. Mario, già macchiato del sangue dei concittadini per averne uccisi molti del partito avverso, vinto a sua volta, era fuggito da Roma. La città respirò appena un po' quando, per usare le parole di Cicerone, vinse il partito di Cinna e Mario. In quella circostanza con l'uccisione di uomini illustri si spensero gli occhi della città. In seguito Silla punì la crudeltà di questa vittoria e non c'è bisogno di dire con quale diminuzione di cittadini e con quanto danno per lo Stato 100. Di questa vendetta, la quale fu più dannosa che se i delitti puniti fossero rimasti impuniti, ha detto Lucano: Il rimedio non rispettò la misura e andò troppo al di là del punto in cui le malattie guidarono la mano del medico. Morirono i colpevoli, ma perché soltanto altri colpevoli poterono sopravvivere. Fu data libertà agli odi e l'ira, sciolta dai freni delle leggi, infierì 101. Nella guerra civile fra Mario e Silla, senza considerare quelli che erano morti in combattimento, le strade, le piazze, i fori, i teatri, i templi nella città stessa erano pieni di cadaveri. Era difficile giudicare quando i vincitori avessero causato un numero più alto di morti, se prima per vincere o dopo perché avevano vinto. Dapprima con la vittoria di Mario, quando tornò dall'esilio, a parte le uccisioni avvenute dovunque, la testa del console Ottavio fu posta sui rostri, i Cesari furono uccisi da Fimbria nelle proprie case, i due Crassi, padre e figlio, furono sgozzati l'uno di fronte all'altro, Bebio e Numitorio trascinati con un arpione morirono spargendo gli intestini per la strada, Catulo si sottrasse alle mani dei nemici prendendo il veleno, Merula, flamine diale, tagliandosi le vene sacrificò a Giove col proprio sangue. Davanti agli occhi dello stesso Mario venivano uccisi cittadini soltanto se al loro saluto egli non porgeva loro la mano.

 

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