lunedì 8 agosto 2011

Redemptor hominis - La Prima Enciclica di Giovanni Paolo II - XIV

Continuiamo la lettura della Redemptor hominis, ovvero la Prima Enciclica di Giovanni Paolo II che cerca di rispondere ai dubbi e ai problemi dell'uomo contemporaneo, cercando allo stesso modo di ridare vitalità all'opera della Chiesa. Oggi scopriamo in particolare il legame tra la Chiesa e l'uomo:

 III - L'uomo redento e la sua situazione nel mondo contemporaneo   

IV - La missione della chiesa e la sorte dell'uomo

18. La Chiesa sollecita della vocazione dell'uomo in Cristo

Questo sguardo, necessariamente sommario, alla situazione dell'uomo nel mondo contemporaneo ci fa indirizzare ancor più il pensiero e il cuore a Gesù Cristo, al mistero della Redenzione, in cui il problema dell'uomo è inscritto con una speciale forza di verità e di amore. Se Cristo «si è unito in certo modo ad ogni uomo»115, la Chiesa, penetrando nell'intimo di questo mistero, nel suo ricco e universale linguaggio, vive anche più profondamente la propria natura e missione. Non invano l'Apostolo parla del Corpo di Cristo, che è la Chiesa116. Se questo Corpo mistico di Cristo è Popolo di Dio - come dirà in seguito il Concilio Vaticano II, basandosi su tutta la tradizione biblica e patristica - ciò significa che ogni uomo è in esso penetrato da quel soffio di vita che proviene da Cristo. In questo modo anche il volgersi verso l'uomo, verso i suoi reali problemi, verso le sue speranze e sofferenze, conquiste e cadute, fa sì che la Chiesa stessa come corpo, come organismo, come unità sociale, percepisca gli stessi impulsi divini, i lumi e le forze dello Spirito che provengono da Cristo crocifisso e risorto, ed è proprio per questo che essa vive la sua vita. La Chiesa non ha altra vita all'infuori di quella che le dona il suo Sposo e Signore. Difatti, proprio perché Cristo nel mistero della sua Redenzione si è unito ad essa, la Chiesa deve essere saldamente unita con ciascun uomo.

Questa unione del Cristo con l'uomo è in se stessa un mistero, dal quale nasce «l'uomo nuovo», chiamato a partecipare alla vita di Dio117, creato nuovamente in Cristo alla pienezza della grazia e della verità118. L'unione del Cristo con l'uomo è la forza e la sorgente della forza, secondo l'incisiva espressione di S. Giovanni nel prologo del suo Vangelo: «Il Verbo ha dato potere di diventare figli di Dio»119. Questa è la forza che trasforma interiormente l'uomo, quale principio di una vita nuova che non svanisce e non passa, ma dura per la vita eterna120. Questa vita, promessa e offerta a ciascun uomo dal Padre in Gesù Cristo, eterno ed unigenito Figlio, incarnato e nato «quando venne la pienezza del tempo»121 dalla Vergine Maria, è il compimento finale della vocazione dell'uomo. È in qualche modo compimento di quella «sorte», che dall'eternità Dio gli ha preparato. Questa «sorte divina» si fa via, al di sopra di tutti gli enigmi, le incognite, le tortuosità, le curve della «sorte umana» nel mondo temporale. Se, infatti, tutto ciò porta, pur con tutta la ricchezza della vita temporale, per inevitabile necessità, alla frontiera della morte ed al traguardo della distruzione del corpo umano, appare a noi il Cristo oltre questo traguardo: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me..., non morrà in eterno»122. In Gesù Cristo crocifisso, deposto nel sepolcro e poi risorto, «rifulge per noi la speranza della beata risurrezione, la promessa dell'immortalità futura»123, verso la quale l'uomo va attraverso la morte del corpo, condividendo con tutto il creato visibile questa necessità, alla quale è soggetta la materia. Noi intendiamo e cerchiamo di approfondire sempre di più il linguaggio di questa verità, che il Redentore dell'uomo ha racchiuso nella frase: «È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla»124. Queste parole, malgrado le apparenze, esprimono la più alta affermazione dell'uomo: l'affermazione del corpo, che lo Spirito vivifica!

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