martedì 20 settembre 2011

La Città di Dio - XXXIV parte

Riprendiamo la lettura dell'opera di Sant'Agostino nota come "La città di Dio": continua la lettura del libro quarto dell'opera che si sofferma oggi sull'imperalismo romano riportando alla mente eventi storici di notevole portata come la celebre sollevazione dei gladiatori romani:

Libro quarto
IMPERIALISMO ROMANO E POLITEISMO 

4. Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati? È pur sempre un gruppo di individui che è retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si divide secondo la legge della convenzione. Se la banda malvagia aumenta con l'aggiungersi di uomini perversi tanto che possiede territori, stabilisce residenze, occupa città, sottomette popoli, assume più apertamente il nome di Stato che gli è accordato ormai nella realtà dei fatti non dalla diminuzione dell'ambizione di possedere ma da una maggiore sicurezza nell'impunità. Con finezza e verità a un tempo rispose in questo senso ad Alessandro il Grande un pirata catturato. Il re gli chiese che idea gli era venuta in testa per infestare il mare. E quegli con franca spavalderia: "La stessa che a te per infestare il mondo intero; ma io sono considerato un pirata perché lo faccio con un piccolo naviglio, tu un condottiero perché lo fai con una grande flotta" 5.

5. E per questo mi dispenso dal ricercare come erano gli individui che Romolo radunò. Si dovette molto insistere per far loro capire che con la nuova vita, una volta ottenuto il consorzio civile, non dovevano più pensare alle punizioni dovute, perché il loro timore li spingeva a più gravi delitti. Così in seguito poterono essere più disposti ai rapporti umani. Ma voglio parlare di un fatto che lo stesso impero romano, ormai grande per avere assoggettato molti popoli e temibile agli altri, sentì dolorosamente, temé grandemente e represse a causa del non trascurabile interesse di evitare una enorme strage. Si tratta dei pochi gladiatori che in Campania fuggiti durante uno spettacolo raccolsero un grande esercito, trovarono tre condottieri e saccheggiarono crudelmente vasti territori dell'Italia 6. Dicano qual dio aiutò costoro perché da una piccola e disprezzabile banda giungessero a un potere temibile per le grandi forze e risorse di Roma. Si dirà, dato che non resistettero a lungo, che non furono aiutati da un dio? Ma anche la vita di un uomo è tutt'altro che lunga. A questa condizione gli dèi non aiutano nessuno a conquistare il potere. I singoli individui scompaiono molto in fretta e non si deve considerare un favore che il potere scompare come nebbia in poco tempo in ciascun individuo e quindi un po' alla volta in tutti. Che cosa importa agli adoratori degli dèi sotto Romolo, morti da tanto tempo, che dopo la loro morte l'impero romano è cresciuto tanto, se essi trattano ormai i propri affari nell'aldilà? Se questi affari sono buoni o cattivi non rientra nell'argomento in parola. E questo si deve intendere di tutti coloro che con rapida corsa, portando il fardello delle proprie azioni, si sono avvicendati al potere, anche se esso per cessione e successione di mortali dura a lungo. Se dunque anche i favori di un tempo tanto breve si devono accreditare all'aiuto degli dèi, non poco sono stati aiutati quei gladiatori. Infransero le catene della condizione servile, fuggirono, si resero liberi, raccolsero un grande e potente esercito, obbedendo alle decisioni e agli ordini dei propri capi si resero temibili per la grandezza di Roma e invincibili per alcuni comandanti romani, fecero un bel bottino, colsero parecchie vittorie, si scapricciarono nei piaceri come vollero, fecero ciò che loro suggeriva la passione e infine prima che fossero vinti, e fu molto difficile, vissero da signori e da principi. Ma passiamo ad argomenti più importanti.

6. Giustino che, seguendo Trogo Pompeo, in latino come lui ma in compendio, scrisse una storia greca anzi universale, cominciò così il testo dei suoi libri: All'inizio della storia il governo dei popoli e delle nazioni era in mano ai re che non erano innalzati all'altezza della carica dalla tracotanza demagogica ma dalla saggia moderazione degli ottimati. I cittadini non erano regolati dalle leggi, era usanza difendere e non estendere i confini del dominio, gli Stati erano limitati ai gruppi tribali. Fu Nino re degli Assiri il primo a modificare per ambizione di dominio il vecchio costume per così dire ancestrale. Egli per primo fece guerra ai vicini e soggiogò fino ai confini della Libia i popoli ancora inesperti della difesa. E poco dopo soggiunge: Nino rassodò la grandezza del dominio che aveva cercato con le nuove conquiste. Domati dunque i più vicini, passando agli altri perché reso più potente con l'aggiunta di nuove forze ed essendo ogni vittoria un mezzo per la successiva, assoggettò i popoli di tutto l'Oriente 7. Non so con quale fedeltà ai fatti abbiano scritto Giustino o anche Trogo. Alcuni documenti più autentici dimostrano che non erano ben informati. Tuttavia è ammesso da tutti gli altri scrittori che il regno degli Assiri fu ampiamente esteso dal re Nino 8. E durò tanto a lungo che l'impero romano non ha ancora raggiunto quell'età. Infatti, come scrivono gli studiosi di cronologia, dall'anno primo del regno di Nino, prima di passare ai Medi, durò milleduecentoquaranta anni 9. Muovere guerra ai vicini, continuare con altre guerre, sconfiggere e assoggettare per semplice ambizione di dominio popoli che non davano molestia, che altro si deve considerare se non un grande atto di brigantaggio?.

7. Se senza l'aiuto degli dèi il dominio degli Assiri fu tanto grande e tanto esteso, per quale ragione l'estensione e la durata dell'impero romano si accredita agli dèi di Roma? Casi identici non possono avere spiegazioni diverse. Se sostengono che anche l'assiro si deve accreditare all'aiuto di dèi, chiedo di quali. I vari popoli che Nino sconfisse e assoggettò non adoravano dèi diversi. E se gli Assiri ne ebbero dei particolari che erano abili artefici nella conquista e conservazione del dominio, erano forse morti quando anche gli Assiri perdettero l'impero, oppure preferirono passare ai Medi perché non fu loro corrisposto lo stipendio o ne fu promesso uno maggiore, e così da loro ai Persiani dietro invito di Ciro e relativa promessa di un salario più conveniente? E dire che il popolo persiano, dopo l'esteso ma brevissimo impero di Alessandro il Grande, mantiene ancora il dominio su un non piccolo territorio dell'Oriente. Se è così c'è un dilemma. O costoro sono dèi traditori che abbandonano i propri gregari e passano al nemico (non lo fece neanche Camillo che era un uomo, quando dopo aver vinto ed espugnato la più accanita città nemica, provò l'ingratitudine di Roma, per cui aveva vinto, e tuttavia in seguito dimentico dell'ingiustizia e memore della patria la liberò di nuovo dai Galli), oppure non sono dèi forti come dovrebbero essere gli dèi perché possono esser vinti da provvedimenti e forze umane; ovvero se, nel darsi guerra tra di loro, non dagli uomini ma da altri dèi sono eventualmente sconfitti gli dèi tutelari delle varie città, anche essi in tal caso hanno fra di loro delle rivalità che ciascuno si assume a favore del proprio gruppo. Dunque lo Stato non dovrebbe onorare i propri dèi a preferenza di altri che potrebbero aiutare i propri. Infine, comunque stiano il passaggio, la fuga, il trasferimento di residenza o la diserzione in combattimento degli dèi, il cristianesimo non era stato ancora predicato a quei tempi e in quei territori, quando quei domini attraverso straordinarie sconfitte militari furono perduti e trasferiti. Ma poniamo che fossero trascorsi i milleduecento anni e rotti, dopo i quali cessò il regno degli Assiri, e che in quel paese già la religione cristiana avesse predicato il regno eterno e proibito i culti sacrileghi dei falsi dèi. Gli individui impostori di quei popoli direbbero certamente che un regno conservatosi tanto a lungo era potuto cessare soltanto perché erano state abbandonate le proprie religioni ed era stata accolta quest'altra. Gli avversari di oggi facciano riflettere sul proprio specchio questa possibile menzogna e si vergognino, se hanno un tantino di pudore, di fare simili lagnanze. Comunque l'impero romano è stato battuto ma non è morto; e gli è capitato anche in tempi anteriori al cristianesimo e si è rifatto delle sconfitte. E questo non si deve disperare neanche oggi. Chi conosce in proposito il volere di Dio?


0 commenti:

Posta un commento