mercoledì 7 dicembre 2011

Verità della Fede - XLV

Tornano gli approfondimenti sulle "Verità della Fede" attraverso le attente analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Concludiamo la lettura del sesto capitolo nel quale si prova la falsità della religione riformata e lo facciamo con il quarto paragrafo:





Verità della Fede

di Sant'Alfonso Maria de' Liguori

PARTE TERZA


CONTRO I SETTARJ CHE NEGANO LA CHIESA CATTOLICA ESSERE L'UNICA VERA


CAP. VI. 


Falsità della religione pretesa riformata.

§. 4. Dell'infallibilità delle tradizioni approvate dalla chiesa.

30. Qui non parliamo delle tradizioni ecclesiastiche che riguardano i riti e le consuetudini antiche, le quali sono state introdotte dalla chiesa, e dai fedeli accettate; ma parliamo delle tradizioni divine, che riguardano i dogmi della fede, la notizia delle quali è pervenuta a noi per mezzo degli apostoli e degli altri pastori della chiesa: e perciò chiamansi tradizioni, mentre sono verità che prima sono state comunicate da Gesù Cristo e dallo Spirito santo agli apostoli e dagli apostoli ai loro discepoli, e così da mano in mano colla direzione dello Spirito santo sono state senza interruzione tramandate e comunicate insino ai nostri tempi.

31. Or queste tradizioni, che sono la parola di Dio non iscritta, hanno la stessa autorità che la parola scritta, qual'è la sacra bibbia. I novatori negano, come negavano anche gli antichi eretici, cioè gli eutichiani, nestoriani, pelagiani ecc. (e con ragione secondo il loro intento le negano), e, disprezzando il giudizio della chiesa, che giusta quelle ha definite più cose, dicono che la sola scrittura è regola di fede, perché dalla scrittura essi traggono poi i loro errori, storcendo il senso de' testi a lor capriccio; onde a tal riguardo non incongruamente la scrittura vien chiamata anche da Lutero Liber haereticorum. Ma noi non sappiamo intendere come possan negarsi le tradizioni, mentr'è certo che nella legge di natura da Adamo sino a Mosè non vi fu altra regola di fede che la tradizione, non essendovi stata per tutto quel tempo alcuna legge scritta. Inoltre le stesse scritture dell'uno e dell'altro testamento approvano le tradizioni. Mosè rimise i giudei alle tradizioni dei maggiori: Memento dierum antiquorum, cogita generationes singulas, interroga patrem tuum, et annuntiabit tibi, maiores tuos, et dicent tibi1. E s. Paolo scrisse a' suoi discepoli: State et tenete traditiones, quas didicistis sive per sermonem, sive per epistolam nostram2. Si notino le parole sive per sermonem, sive per epistolam, per cui l'apostolo dà ad intendere che tanto valea la dottrina non iscritta, che la scritta. In altro luogo loda i suoi discepoli: Et, sicut tradidi vobis, praecepta mea tenetis3. San Giovanni scrisse che Cristo multa dixit et fecit, quae scripta non sunt4. Sicché più cose egli a voce spiegò agli apostoli, da' quali noi per tradizione le abbiam poi ricevute. Inoltre Gesù Cristo impose agli apostoli non già di scrivere, ma di predicare la divina parola:Praedicate evangelium omni creaturae5. Falsamente poi dicono gli eretici che gli apostoli appresso compresero nelle loro scritture tutto ciò che aveano insegnato colla voce. Poiché essi medesimi eretici ammettono più cose di fede, che non si trovano espresse nelle loro scritture, come sono il numero dei sacramenti, che debba darsi il battesimo ai bambini, all'incontro che non vi sia obbligo di dar loro l'eucaristia. Di più essi credono esser tre persone distinte nella natura divina contro i sabelliani: la divinità di Gesù Cristo e l'eguaglianza col Padre contro gli ariani: la divinità dello Spirito santo e la sua processione dal Padre e dal Figlio contro i macedoniani ed i greci: le due nature in Cristo divina ed umana contro gli eutichiani: la perpetua verginità della B. V. Maria contro Elvidio. Or di questi articoli altri con la sola tradizione, ed altri con la scrittura e la divina tradizione gli ha definiti la chiesa.

32. Inoltre le tradizioni sono approvate da più concilj. Il niceno I. per la tradizione condannò Ario, come già avvertì Teodoreto6. Il niceno II. per la tradizione approvò la venerazione delle sacre immagini7, e poi8 definì: Si quis omnem traditionem ecclesiasticam, sive scriptam, sive non scriptam irritam facit, anathema sit. Ai quali concilj poi si uniformò il Tridentino1 dicendo: Traditiones tam ad fidem, quam ad mores pertinentes, tanquam ore tenus a Christo vel a Spiritu sancto per apostolos dictatas pari pietatis affectu ac reverentia veneratur s. synodus. Così anche da' santi padri le tradizioni apostoliche sono state sempre venerate. S. Basilio scrisse: Dogmata quae in ecclesia praedicantur, quaedam habemus ex doctrina scripto prodita, quaedam rursus ex apostolorum traditione2. Origene: Servetur ecclesiastica praedicatio per successionis ordinem ab apostolis tradita etc. Illa sola credenda est veritas, quae in nullo ab ecclesiastica discordat traditione3. S. Epifanio: Oportet autem et traditione uti: non enim omnia a divina scriptura possunt accipi4. S. Agostino: Quod universa tenet ecclesia, nec conciliis institutum, sed semper retentum est, nonnisi ab auctoritate apostolica traditum rectissime creditur5. S. Giovanni Grisostomo: Patet quod non omnia per epistolam tradiderint apostoli, sed multa sine literis; eadem vero fide digna sunt tam ista, quam illa6. Ed altrove scrive così: Est traditio: nil quaeras amplius; non codices prophetarum, non epistolas apostolorum, non libros evangelistarum7. E così gli altri santi padri, come s. Dionisio, s. Giustino, s. Atanasio, s. Gregorio Nazianzeno, s. Giovanni Damasceno, Tertulliano, s. Cipriano, s. Ilario, s. Ambrogio, s. Girolamo ed altri, dei quali il Bellarmino8 riferisce i luoghi e le parole.

33. Ma sopra tutto si conosce la necessità della tradizione da considerare che senza la tradizione non avrebbe potuto accertarsi la chiesa che vi sia la scrittura, quali siano i veri suoi libri, quale la sua legittima versione e quale il vero senso de' testi. Sicché tolta di mezzo la tradizione non possiamo aver più alcuna certezza delle scritture e del loro vero senso.

34. Oppongono gli eretici: ma la tradizione è parola degli uomini, non di Dio. Si risponde che gli uomini sono stati bensì strumenti, per mezzo di cui è pervenuta a noi la parola divina: siccome Iddio si è servito delle mani degli uomini in iscrivere, così ancora si è servito delle loro bocche per istruirci delle verità della fede. Ma le tradizioni sono sempre soggette a potersi corrompere? Ma la divina provvidenza, che assiste alla sua chiesa, non ha permesso, né mai permetterà che la sua parola resti corrotta in mano della chiesa, che ne conserva il deposito.

35. Acciocché poi la tradizione sia regola certa di fede, dee infallibilmente constare ch'ella sia divina; e ciò non può constare che per l'autorità della chiesa, la quale coll'assistenza dello Spirito santo, attesa la promessa di G. Cristo, ben sa discernere le vere dalle false tradizioni; ed in ciò non può errare, e noi siamo tenuti a credere tutto ciò ch'ella c'insegna, se non vogliamo esser posti nel numero degl'infedeli, giusta il detto di Gesù Cristo: Si autem ecclesiam non audierit, sit tibi sicut ethnicus et publicanus9. Avendoci all'incontro il medesimo Signore assicurati che la sua chiesa non può errare, e che chi ascolta i ministri della sua chiesa, ascolta lui stesso:Qui vos audit, me audit; et qui vos spernit me spernit10. È falsissimo dunque quel che dicono gli eretici, non esservi obbligo di credere, o fare se non quello ch'è scritto particolarmente nella scrittura. È certo che quelli, a cui predicavano gli apostoli, prima di scriversi le verità della fede negli evangelj, eran tenuti a crederle; e come? Per la sola tradizione delle cose predicate dagli apostoli. Sicché la tradizione e la chiesa furono prima della scrittura.

36. Dicono gli eretici non esser necessario che ogni cosa sia espressa nella scrittura, ma bastare che sia dedotta da quella per legittima conseguenza senza che siamo tenuti ad ammettere le tradizioni. Ma si risponde che la conseguenza dedotta dalla divina parola non è già parola divina, ma parola umana; mentr'è dedotta dall'intelletto umano, il quale è soggetto a fallire. Oltreché per trarre dalla scrittura una legittima e certa conseguenza, dovremmo esser certi del senso di quella; ma questa certezza non può aversi senza la dichiarazione della chiesa, per mezzo della quale Iddio ci parla più chiaramente, che per mezzo della scrittura; giacché egli con segni molto più evidenti ci ha renduti certi della verità della chiesa, che dell'esistenza delle scritture. Onde di molti dogmi noi non potremmo esser certi, se non avessimo le tradizioni.

37. Ma replicheranno: dato che il saper la verità delle scritture e delle tradizioni dipenda dal giudizio della chiesa, chi è nella chiesa romana che formi un tal giudizio? Rispondiamo ch'è il sommo pontefice, allorché parla ex cathedra, cioè come dottore universale della chiesa, e come successore di san Pietro, che fu da Gesù Cristo costituito per capo supremo di quella e per suo vicario immediato.

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1 Deut 32. 7. 



2 2. Thess. 2. 2. 

3 1. Cor. 11. 2. 

4 Io. 20. 30. 

5 Marc. 16. 

6 Hist. l. 1. c. 8. con Bellarm. t. 1. l. 4. c. 6. 

7 Act. 2. 6. 

8 Atto 7. 

1 Sess. 4. 

2 L. de Spir. sanct. c. 27. 

3 In prooemio l. 1. de princip.

4 Haeres. 61. 

5 L. 4. de Bapt. c. 24. contra Donat.

6 In 2. Thess. 2. 

7 In ep. 2. ad Tim.

8 T. 1. l. 4. c. 7. 

9 Matth. 18. 17. 

10 Luc. 10. 16. 

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