martedì 17 gennaio 2012

La Città di Dio - XLVII parte

Riprendiamo la lettura dell'opera di Sant'Agostino nota come "La città di Dio": continuiamo la lettura del capitolo quinto:

Libro quinto
VISIONE IRRAZIONALISTA E RAZIONALISTA DELLA STORIA

9. 2. Che cosa dunque ha temuto Cicerone nella prescienza del futuro per tentare di escluderla con una argomentazione censurabile? Se tutti gli eventi futuri, egli dice, sono presciti, si verificheranno nella serie secondo cui sono stati presciti e se si verificheranno in quella serie, la serie degli avvenimenti è determinata nella prescienza di Dio e se è determinata la serie degli avvenimenti, è determinata anche la serie delle cause. Non può infatti verificarsi un effetto che non sia preceduto da una causa efficiente. E se è determinata la serie delle cause, secondo cui si verifica ogni evento, tutti gli eventi si verificano fatalmente. Se è così, nulla è in nostro potere e non esiste l'arbitrio della volontà. Se concediamo questo, continua Cicerone 18, è sovvertita la realtà della vita umana, è inutile fare le leggi, è inutile usare punizioni e lodi, rimproveri e consigli, e contro ogni giustizia sono stabiliti premi per i buoni e pene per i cattivi. E affinché non si abbiano queste condizioni ingiuste, assurde e dannose per l'umanità, egli esclude la prescienza del futuro. In tal modo comprime la coscienza religiosa in un'alternativa così angusta che è costretto a scegliere l'una delle due cose, o che qualcosa sia in potere della nostra volontà o che si dà la prescienza del futuro. Pensa che non siano compossibili ma che se si sceglie l'uno si elimina l'altro. Se si sceglie la prescienza del futuro, si elimina l'arbitrio della volontà; se si sceglie l'arbitrio della volontà, si elimina la prescienza del futuro. Ed egli da uomo eccellente e dotto, che molto e con competenza si preoccupava per la vita umana, fra le due cose scelse il libero arbitrio della volontà; e per affermarlo negò la prescienza del futuro e così per rendere gli uomini liberi, li ha resi miscredenti. Una coscienza religiosa sceglie l'uno e l'altro, ammette l'uno e l'altro, mediante la pietà fedele afferma l'uno e l'altro. E come? chiede lui, perché se si dà la prescienza del futuro, si hanno di conseguenza tutte le affermazioni che se ne deducono fino alla conclusione che non si dà oggetto della nostra volontà. Se al contrario si dà un oggetto del nostro volere, ripercorrendo le medesime premesse si giunge all'affermazione che non si dà la prescienza del futuro. E si ripercorrono le varie premesse in questo modo: se si dà l'arbitrio della volontà, non tutto avviene fatalmente; se non tutto avviene fatalmente, non è determinata la serie di tutte le cause; se non è determinata la serie di tutte le cause, neanche la serie degli avvenimenti è determinata nella prescienza di Dio, non tutti gli avvenimenti si verificano senza una causa precedente ed efficace; se la serie degli avvenimenti non è determinata nella prescienza di Dio, non tutti gli eventi avvengono come egli ha conosciuto per prescienza che si verificheranno; quindi se non tutti gli eventi si verificano come egli ha conosciuto per prescienza che si verificheranno, non v'è, conclude Cicerone, in Dio la prescienza di tutti gli eventi futuri 19.

9. 3. Noi contro queste sacrileghe ed empie affermazioni sosteniamo che Dio conosce tutte le cose prima che avvengano e che noi facciamo con la nostra volontà tutte le azioni che abbiamo coscienza e conoscenza di fare soltanto perché lo vogliamo. Non affermiamo che tutti gli eventi si verifichino fatalmente, anzi affermiamo che nessuno di essi si verifica fatalmente. Sosteniamo appunto che il concetto di fato, come si considera nel linguaggio usuale, cioè attraverso la combinazione degli astri nel concepimento e nascita degli individui, viene affermato senza alcuna prova ed è quindi insignificante. Non neghiamo però la serie delle cause, sulla quale l'azione di Dio è determinante e non la chiamiamo fato, a meno che fato non s'intenda etimologicamente derivato da fari, cioè parlare 20. Non possiamo negare che nella sacra Scrittura è stato scritto: Dio ha parlato una sola volta ma io ho ascoltato queste due cose, che Dio ha il potere e che tu, o Signore, hai la bontà, perché rendi a ciascuno secondo le sue azioni 21. Il concetto: Ha parlato una sola volta significa che ha parlato senza muoversi, cioè senza porsi nel divenire. Ha parlato, come conosce senza divenire tutti gli eventi che si verificheranno e che porterà a compimento. In questo senso potremmo derivare fato da fari, se la parola non fosse già intesa con un altro concetto, al quale noi non vogliamo che il cuore umano sia favorevole. Non è consequenziale che se per Dio è determinata la serie delle cause, per noi ne derivi la negazione del libero arbitrio della volontà. Anche la nostra volontà rientra nella serie delle cause che per Dio è determinata ed è compresa nella sua prescienza perché anche la volontà umana è causa di azioni umane. Così egli che ha avuto prescienza delle cause di tutti gli avvenimenti non ha potuto certamente non conoscere in quelle cause anche la nostra volontà di cui sapeva per prescienza che sarebbe stata causa delle nostre azioni.

9. 4. Ma anche la concessione dello stesso Cicerone, che non si ha effetto se non precede la causa efficiente, basta a confutarlo su questo problema 22. In che cosa lo suffraga la sua tesi che non si ha effetto senza la causa ma che non ogni causa è fatale, dal momento che si hanno la causa casuale, la causa naturale e la causa volontaria? Basta questo a confutarlo, perché egli ammette che l'effetto si ha soltanto se precede la causa. Non si intende affermare che le cause dette casuali, da cui si ha anche l'etimologia di caso, non siano cause ma che sono nascoste e che si attribuiscono al volere del Dio vero o di spiriti di vario genere. Così non s'intende considerare indipendenti dalla sua volontà le cause naturali perché egli è autore e principio di ogni natura. Infine le cause volontarie sono o di Dio o degli angeli o degli uomini o anche dei vari animali se tuttavia si possono considerare volontà i movimenti di anime prive di ragione con cui esse, nell'appetire o fuggire, compiono azioni secondo la propria natura. Quando parlo della volontà degli angeli, intendo tanto di quelli buoni che chiamiamo semplicemente angeli di Dio come di quelli cattivi che chiamiamo angeli del diavolo o anche demoni. Altrettanto si dica degli uomini, tanto dei buoni come dei cattivi. Se ne conclude che le cause efficienti di tutti i fenomeni non sono che volontarie, cioè di quell'essere che è spirito di vita. Anche l'aria o vento è detto spirito, ma poiché è corpo non è spirito di vita. Lo spirito di vita che vivifica tutto ed è creatore dell'universo corporeo e dell'universo spirituale creato è Dio, cioè lo spirito non creato. Nel suo volere è il sommo influsso causale, perché esso aiuta le volontà buone degli spiriti creati, giudica le cattive, le ordina tutte e ad alcune concede gli influssi causali, ad altre no. Come è creatore di tutte le nature, così è datore di tutti gli influssi causali ma non di tutti i voleri. Il volere cattivo infatti non è da lui perché è contro la natura che è da lui. I corpi quindi sono maggiormente soggetti alla volontà, alcuni alla nostra, cioè di tutti i viventi mortali e maggiormente degli uomini che delle bestie, alcuni alla volontà degli angeli, ma tutti sono principalmente soggetti alla volontà di Dio, alla quale sono soggette anche tutte le volontà, perché hanno soltanto l'influsso causale che egli concede. Dio è dunque causa efficiente e non fatta delle cose, le altre cause invece sono efficienti e fatte, come tutti gli spiriti creati e soprattutto quelli ragionevoli. Le cause corporee che sono più fatte che efficienti non sono da considerare fra le cause efficienti, perché influiscono soltanto sulla cosa che la volontà degli spiriti da esse produce. In qual modo dunque la serie delle cause, che è determinata nella prescienza di Dio, farebbe sì che nulla sia in potere della nostra volontà, quando le nostre volontà hanno un ruolo importante nella serie delle cause stesse?. Cicerone dunque se la prenda con i filosofi che considerano fatale la serie delle cause, anzi la chiamano fato. Noi respingiamo il fato soprattutto in vista della parola che si è soliti intendere nel significato non vero. Per il fatto poi che la serie delle cause è sommamente determinata e nota alla prescienza di Dio, riproviamo Cicerone più noi cristiani che gli stoici. Infatti o nega l'esistenza di Dio, cosa che ha tentato di fare nei libri Sulla natura degli dèi affidando l'incarico a un altro; o se ammette l'esistenza di Dio, pur negandone la prescienza del futuro, anche così fa la medesima affermazione dello sciocco che ha detto in cuor suo: Dio non esiste 23. Un essere che non ha prescienza di tutti gli eventi futuri, certamente non è Dio. Pertanto le nostre volontà hanno l'influsso causale nei limiti che Dio ha voluto con la sua prescienza. Quindi l'influsso causale che hanno, lo hanno infallibilmente e tutto ciò che causeranno lo causeranno esse stesse, perché colui, la cui prescienza non può fallire, ha determinato che avessero influsso causale e che causassero. Quindi se avessi voglia di applicare il nome di fato a una cosa, preferirei dire che il fato del meno efficiente è la volontà del più efficiente che lo ha in potere, anziché dire che è tolto l'arbitrio della nostra volontà con quella serie di cause che gli stoici non nel significato comune ma con un loro significato chiamano fato.

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