domenica 29 aprile 2012

Filotea: Introduzione alla vita devota - XXXVIII

Proseguiamo l'appuntamento con Filotea: Introduzione alla vita devota di San Francesco di Sales:




FILOTEA
Introduzione alla vita devota

(San Francesco di Sales)



SECONDA PARTE

Contiene diversi consigli per l’elevazione dell’anima a Dio per mezzo dell’Orazione e dei Sacramenti.



Capitolo XIX



LA SANTA CONFESSIONE

Il nostro Salvatore ha lasciato alla sua Chiesa il sacramento della Penitenza o Confessione perché potessimo purificarci dalle nostre iniquità, per numerose che siano, tutte le volte che ci infanghiamo.

Perciò, Filotea, non tollerare mai per lungo tempo che il tuo cure rimanga contagiato dal peccato, disponendo tu di un rimedio sempre pronto e facile da applicare. La leonessa che si è unita ad un leopardo corre immediatamente a lavarsi per togliere da sé il lezzo, perché il leone, avvertendolo, non si adombri e si irriti. L’anima che ha acconsentito al peccato deve avere orrore di se stessa e ripulirsi immediatamente, per rispetto alla Maestà divina che sempre la segue. Perché vogliamo lasciarci morire spiritualmente quando abbiamo a disposizione un rimedio così sicuro?

Confessati devotamente e umilmente ogni otto giorni, e, se puoi, ogni volta fai la comunione, anche se non avverti nella coscienza il rimorso di alcun peccato mortale. In tal caso, con la confessione, non soltanto riceverai l’assoluzione dei peccati veniali confessati, ma anche una grande forza per evitarli in avvenire, una grande chiarezza per distinguerli e una efficace grazia per rimediare a tutto il danno che ti hanno causato. Praticherai la virtù dell’umiltà, dell’obbedienza, della semplicità e della carità; con il solo atto della Confessione praticherai più virtù che con qualsiasi altro.

Abbi sempre un sincero dispiacere dei peccati che confessi, per piccoli che siano, e prendi una ferma decisione di correggerti. Molti si confessano dei peccati veniali per abitudine, quasi meccanicamente, senza pensare minimamente ad eliminarli; e così per tutta la vita ne saranno dominati e perderanno molti beni e frutti spirituali.

Se, per esempio, ti confessi di aver mentito senza recar danno, o di aver detto qualche parola grossolana, o di aver giocato troppo, pentiti e fa proposito di correggerti; è un abuso confessare un peccato, sia mortale che veniale, senza aver intenzione di emendarsene, perché la Confessione è stata istituita proprio per quello scopo.

Non fare accuse generiche, come fanno molti, in modo macchinale, tipo queste: Non ho amato Dio come era mio dovere; Non ho ricevuto i Sacramenti con il rispetto dovuto, e simili. Ti chiarisco il motivo: Ciò dicendo tu non offri alcuna indicazione particolare che possa dare al confessore un’idea dello stato della tua coscienza; tutti i Santi del Paradiso e tutti gli uomini della terra potrebbero dire tranquillamente la stessa cosa. Cerca qual è la ragione specifica dell’accusa, una volta trovata, accusati della mancanza commessa con semplicità e naturalezza.

Se, per esempio, ti accusi di non avere amato il prossimo come avresti dovuto, può darsi che si sia trattato di un povero veramente bisognoso che tu non hai aiutato come avresti potuto o per negligenza, o per durezza di cuore, o per disprezzo; vedi un po’ tu il motivo!

Similmente non accusarti di non aver pregato Dio con la dovuta devozione; ma specifica se hai avuto delle distrazioni volontarie perché non hai avuto cura di scegliere il luogo, il tempo e il contegno atti a favorire l’attenzione nella preghiera; accusati con semplicità di quello in cui trovi di aver mancato, senza ricorrere a quelle espressioni generiche che, nella confessione, non fanno né caldo né freddo.

Non accontentarti di raccontare i tuoi peccati veniali solo come fatto; accusati anche del motivo che ti ci ha portato.

Non dimenticarti, per esempio, di dire che hai mentito senza coinvolgere nessuno; ma chiarisci, se è stato per vanità, se era per vantarti o scusarti, o per gioco, o per cocciutaggine. Se hai peccato nel gioco, specifica se è stato per soldi, o per il piacere della conversazione, e così via.

Dì anche se sei rimasto per lungo tempo nel tuo male, perché, in genere, il tempo aggrava il peccato. C’è molta differenza tra la vanità di un momento, che ha occupato il nostro spirito sì e no per un quarto d’ora, e quella nella quale il nostro cuore è rimasto immerso per uno, due o tre giorni!

In conclusione, bisogna esporre il fatto, il motivo e la durata dei nostri peccati; perché, anche se comunemente non siamo obbligati ad essere così esatti nel dichiarare i nostri peccati veniali, anzi non siamo nemmeno obbligati a confessarli, è pur sempre vero che coloro che vogliono pulire per bene l’anima per raggiungere più speditamente la santa devozione, devono avere molta cura di descrivere al medico spirituale il male, per piccolo che sia, se vogliono guarire.

Non trascurare di aggiungere quanto serve per far capire il tipo dell’offesa, come il motivo che ti ha fatto montare in collera, o ti ha fatto accettare il vizio di qualcuno. Per esempio, se un uomo che non mi va a genio, mi provoca con qualche leggera parola per ischerzo, io la prendo a male e monto in collera: cosa che se l’avesse fatta un altro che mi è simpatico, l’avrei accettata, anche se avesse caricato la dose.

Preciserò dunque con chiarezza: Mi sono lasciato trasportare a parole di collera contro una persona, perché ho preso a male ciò che mi aveva detto, non per le parole in se stesse, ma perché mi è antipatico colui che le ha dette.

E se fosse necessario precisare le parole per farti capire meglio, penso che faresti bene a dirle. Accusandoci in questo modo, con naturalezza, non solo mettiamo fuori i peccati fatti, ma anche le cattive inclinazioni, le usanze, le abitudini e le altre radici del peccato, in modo che il padre spirituale abbia una chiara conoscenza del cuore che gli è affidato e quindi predisponga i rimedi più opportuni. Tuttavia non fare il nome di chi ha eventualmente cooperato al tuo peccato, almeno finché ti sarà possibile.

Fa attenzione a numerosi peccati che vivono e spadroneggiano, spesso senza essere avvertiti, nella coscienza e accusali per potertene liberare; a questo fine leggi attentamente i Capitoli VI, XXVII, XXVIII, XXIX, XXXV e XXXVI della III parte e il Capitolo VIII della IV parte.

Non cambiare facilmente di confessore, ma scegline uno e rendigli conto della tua coscienza nei giorni che avrai stabilito; e digli con naturalezza e franchezza i peccati commessi; di tanto in tanto, ogni mese o ogni due mesi, digli anche a che punto sei con le inclinazioni, benché in quelle non ci sia peccato; digli se sei afflitta dalla tristezza, dal rimpianto, se sei invece portata alla gioia, al desiderio di acquisire ricchezze, e simili inclinazioni.

sabato 28 aprile 2012

Il Sabato dei Salmi - Salmo 102 - Preghiera nella sventura

Salmo 102  

Preghiera nella sventura 
[1]Preghiera di un afflitto che è stanco
e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia.
[2]Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
[3]Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me l'orecchio.
Quando ti invoco: presto, rispondimi. 

[4]Si dissolvono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
[5]Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce,
dimentico di mangiare il mio pane.
[6]Per il lungo mio gemere
aderisce la mia pelle alle mie ossa. 

[7]Sono simile al pellicano del deserto,
sono come un gufo tra le rovine.
[8]Veglio e gemo
come uccello solitario sopra un tetto.
[9]Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro il mio nome.
[10]Di cenere mi nutro come di pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto,
[11]davanti alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi sollevi e mi scagli lontano.
[12]I miei giorni sono come ombra che declina,
e io come erba inaridisco. 

[13]Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo per ogni generazione.
[14]Tu sorgerai, avrai pietà di Sion,
perché è tempo di usarle misericordia:
l'ora è giunta.
[15]Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua rovina. 

[16]I popoli temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
[17]quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
[18]Egli si volge alla preghiera del misero
e non disprezza la sua supplica. 

[19]Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo nuovo darà lode al Signore.
[20]Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
[21]per ascoltare il gemito del prigioniero,
per liberare i condannati a morte;
[22]perché sia annunziato in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
[23]quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore. 

[24]Ha fiaccato per via la mia forza,
ha abbreviato i miei giorni.
[25]Io dico: Mio Dio,
non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano per ogni generazione.
[26]In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
[27]Essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste,
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno. 

[28]Ma tu resti lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
[29]I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza.

Commento dal sito: http://www.padrelinopedron.it

Commento dei Padri della Chiesa


v. 2 Il coro dei profeti canta, pieno di dolore, sulla rovina di Gerusalemme. Preludio alla beatitudine del povero (Eusebio). 


Preghiera del povero affranto dal dolore. Il coro dei profeti effonde la sua preghiera perché il Signore faccia misericordia al suo popolo. Profetizza la vocazione dei gentili per la venuta del nostro salvatore Gesù Cristo (Atanasio). 


Il povero è colui che si fa povero volontariamente, cioè che si umilia da sé. E’ di lui che il Cristo ha detto: Beati i poveri in spirito [Mt 5,3] (Esichio di Gerusalemme). 


La Scrittura chiama povero colui che sente il bisogno di Dio (Teodoreto). 


Un povero prega. Quale povero? Si è fatto povero per voi, perché voi diventiate ricchi per mezzo della sua povertà (2Cor 8,9) Guarda le sue ricchezze: Tutto è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1,3). Com’è arrivato a mangiare un pane di cenere e a mescolare la sua bevanda con il pianto? (v. 10). Il salmista risponde: Io sono il tuo servo e il figlio della tua ancella (Sal 116,16): nel seno della Vergine si è rivestito della nostra povertà. Ma noi siamo ancora lontani dalla cenere e dalle lacrime… Non oso dirlo: è lui, e non più lui. Assumendo la forma del servo, ha detto addio a suo Padre; aggiunga ora povertà a povertà, lasci anche la madre, si unisca alla sua sposa e trasfiguri in sé il corpo della nostra umiliazione. Allora non ci stupiremo più del pane di cenere né della bevanda di lacrime. In una sola voce, il Cristo e la sposa vivono la nostra povertà, il nostro travaglio, il nostro pianto… E’ lo stesso Povero che dice nel salmo 61,3: Dai confini della terra io t’invoco. E’ lui il Povero, lo sposo (Agostino). 


A partire da questo salmo, il salmista esprime la sofferenza di essere trattenuto nella carne: sono ancora lontano dal regno, trattenuto nella mortalità. Il povero è sia Cristo, sia il popolo umile, servo di Cristo (Ruperto). 


v. 3 Nascondermi il tuo volto sarebbe il contrario di: Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto (Sal 4,7b). Il santo non chiede di essere dispensato dalla lotta, domanda la passione e la gioia (Origene). 


Non si deve pregare solo nel momento dell’afflizione ma anche prima. Il profeta non chiede di essere dispensato dall’afflizione, il che non è possibile, ma di non essere assorbito da essa (Eusebio). 


Il Cristo prega per ciascuna delle sue membra. O povero, davanti alla porta di Dio! Scopriamo noi stessi in questa povertà ed entriamo in questa preghiera (Agostino). 


v. 5 Ho dimenticato di mangiare il pane spirituale di cui il Cristo parla: Procuratevi il cibo che non perisce (Gv 6,27). 


Mangerai il pane… aveva detto Dio (Gen 3,19). Ecco il pane che riparerà la tua dimenticanza: mangia colui che avevi dimenticato. Mangialo: tu stesso fai parte del suo corpo (Agostino). 


vv. 7-8 Gli uccelli nominati sono uccelli solitari; ciò significa: mi sono esiliato dagli uomini. Questi uccelli sono citati come simbolo, come figure di timore e di rovina. Il passero è ansioso; il gufo abbandona le abitazioni e vola verso luoghi deserti, come se fosse stato abbandonato. Il profeta esprime così che egli stesso è abbandonato e solitario e che la sua preghiera e la sua umiliazione sono incessanti (Origene). 


Gli uccelli di cui si parla rappresentano la paura, la mancanza di protezione, la perdita del sonno, la solitudine e le rovine (Teodoreto). 


Tre uccelli diversi e tre luoghi… ma vediamo se non sia il Signore stesso. Cerchiamo di riconoscere se è il pellicano del deserto, il gufo fra le rovine, il passero solitario sul tetto… Ci dica questo Povero, che è il nostro Capo, colui che è povero volontariamente, che parla a coloro che sono poveri per necessità. C’è una somiglianza tra il pellicano e il Cristo, perché è il sangue di Cristo che ci ha donato la vita (Agostino). 


v. 9 Mi insultano. Si sa che è una delle malizie del diavolo: quando non può abbattere i servi di Dio con la forza, li fa piegare con ingiurie ironiche, con lo scherno (Cassiodoro).  


v. 11 Sono colmo di mali, perché la sua ira infierisce contro di me. Il profeta fa propria la sventura del popolo. Tu mi solevi e mi scagli lontano. Il popolo giudeo, innalzato alla dignità di popolo di Dio e possessore del suo santuario, in seguito fu rigettato e distrutto da Dio (Eusebio). 




La collera di Dio contro Adamo. L’uomo, elevato in onore (Sal 49,13), fatto ad immagine di Dio e posto al di sopra degli animali, destinato alla beatitudine se avesse ben vissuto, trascina un’esistenza miserabile perché ha peccato (Agostino). 


v. 13 Lasciati commuovere, Signore, tu che sei eterno. Fa’ un gesto per me, così effimero (Origene).


v. 14 Signore, non ti lasci intenerire davanti alla mia natura povera, fuggevole e sventurata? Ti è così facile cambiare i mali presenti. Sì, tu avrai compassione di Sion! Sì, è venuto il tempo, perché la nostra misura di miseria è colma e invoca la misericordia (Eusebio). 


v. 16 Se il tuo tempio è ricostruito, tu sarai il Signore per il mondo intero. Al primo avvento il Cristo edifica Sion, la Chiesa. Al secondo avvento sarà visto nella gloria, questo ospite del nostro tabernacolo. La sua gloria apparve già, quando disse a Tommaso: Metti qua il tuo dito… [Gv 20,27] (Origene). 


v. 17 Attualmente quelli che edificano Sion pregano e gemono, perché questo Povero è migliaia di poveri: è uno solo per la carità che unisce a lui la Chiesa, ed è migliaia in tutte le nazioni (Agostino). 


v. 19 Sia scritta questa profezia della vocazione universale per la generazione futura, la creatura nuova nel Cristo, creata e ricreata fino alla fine dei secoli (Origene). 


v. 20 Cristo Signore si piega a guardare la terra e prevede il piano della sua salvezza (Esichio di Gerusalemme). 


v. 23 Il profeta vede in anticipo il radunarsi dei popoli nella Chiesa e domanda di farne parte (Atanasio). 


vv. 24-25 Il profeta vorrebbe che i suoi giorni fossero prolungati per vedere l’avvento del Messia, com’è scritto in Mt 13,17: Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete (Eusebio). 


v. 27 Tutto passa in questo mondo, solo tu rimani e fai nuove tutte le cose (Teodoreto). 


v. 29 Abiteranno Gerusalemme, sulla terra e in cielo (Teodoreto). 


Abiteranno con il Signore: Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io [Gv 17,24] (Cassiodoro).



giovedì 26 aprile 2012

Catechismo della Chiesa Cattolica - LXXIV

Proseguiamo l'appuntamento volto alla conoscenza del Catechismo della Chiesa Cattolica. Restiamo nell'Articolo 4 del Capitolo Secondo sui Sacramenti di Guarigione:


PARTE SECONDA  
LA CELEBRAZIONE DEL MISTERO CRISTIANO

SEZIONE SECONDA 
«I SETTE SACRAMENTI DELLA CHIESA»

CAPITOLO SECONDO 
I SACRAMENTI DI GUARIGIONE

ARTICOLO 4 
IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA E DELLA RICONCILIAZIONE

V. Le molteplici forme della penitenza nella vita cristiana

1434 La penitenza interiore del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l'elemosina,26 che esprimono la conversione in rapporto a se stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri. Accanto alla purificazione radicale operata dal Battesimo o dal martirio, essi indicano, come mezzo per ottenere il perdono dei peccati, gli sforzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo,27 l'intercessione dei santi e la pratica della carità che « copre una moltitudine di peccati » (1 Pt 4,8).


1435 La conversione si realizza nella vita quotidiana attraverso gesti di riconciliazione, attraverso la sollecitudine per i poveri, l'esercizio e la difesa della giustizia e del diritto,28 attraverso la confessione delle colpe ai fratelli, la correzione fraterna, la revisione di vita, l'esame di coscienza, la direzione spirituale, l'accettazione delle sofferenze, la perseveranza nella persecuzione a causa della giustizia. Prendere la propria croce, ogni giorno, e seguire Gesù è la via più sicura della penitenza.29


1436 Eucaristia e Penitenza. La conversione e la penitenza quotidiane trovano la loro sorgente e il loro alimento nell'Eucaristia, poiché in essa è reso presente il sacrificio di Cristo che ci ha riconciliati con Dio; per suo mezzo vengono nutriti e fortificati coloro che vivono della vita di Cristo; essa « è come l'antidoto con cui essere liberati dalle colpe di ogni giorno e preservati dai peccati mortali ».30


1437 La lettura della Sacra Scrittura, la preghiera della liturgia delle Ore e del « Padre nostro », ogni atto sincero di culto o di pietà ravviva in noi lo spirito di conversione e di penitenza e contribuisce al perdono dei nostri peccati.


1438 I tempi e i giorni di penitenza nel corso dell'anno liturgico (il tempo della Quaresima, ogni venerdì in memoria della morte del Signore) sono momenti forti della pratica penitenziale della Chiesa.31 Questi tempi sono particolarmente adatti per gli esercizi spirituali, le liturgie penitenziali, i pellegrinaggi in segno di penitenza, le privazioni volontarie come il digiuno e l'elemosina, la condivisione fraterna (opere caritative e missionarie).


1439 Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato meravigliosamente descritto da Gesù nella parabola detta « del figlio prodigo » il cui centro è « il padre misericordioso »:32 il fascino di una libertà illusoria, l'abbandono della casa paterna; la miseria estrema nella quale il figlio viene a trovarsi dopo aver dilapidato la sua fortuna; l'umiliazione profonda di vedersi costretto a pascolare i porci, e, peggio ancora, quella di desiderare di nutrirsi delle carrube che mangiavano i maiali; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevole davanti a suo padre; il cammino del ritorno; l'accoglienza generosa da parte del padre; la gioia del padre: ecco alcuni tratti propri del processo di conversione. L'abito bello, l'anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa, piena di gioia che è la vita dell'uomo che ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa. Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell'amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l'abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza.


VI. Il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione


1440 Il peccato è anzitutto offesa a Dio, rottura della comunione con lui. Nello stesso tempo esso attenta alla comunione con la Chiesa. Per questo motivo la conversione arreca ad un tempo il perdono di Dio e la riconciliazione con la Chiesa, ciò che il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione esprime e realizza liturgicamente.33


Dio solo perdona il peccato


1441 Dio solo perdona i peccati.34 Poiché Gesù è il Figlio di Dio, egli dice di se stesso: « Il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati » (Mc 2,10) ed esercita questo potere divino: « Ti sono rimessi i tuoi peccati! » (Mc 2,5).35 Ancor di più: in virtù della sua autorità divina dona tale potere agli uomini36 affinché lo esercitino nel suo nome.


1442 Cristo ha voluto che la sua Chiesa sia tutta intera, nella sua preghiera, nella sua vita e nelle sue attività, il segno e lo strumento del perdono e della riconciliazione che egli ci ha acquistato a prezzo del suo sangue. Ha tuttavia affidato l'esercizio del potere di assolvere i peccati al ministero apostolico. A questo è affidato il « ministero della riconciliazione » (2 Cor 5,18). L'Apostolo è inviato « nel nome di Cristo », ed è Dio stesso che, per mezzo di lui, esorta e supplica: « Lasciatevi riconciliare con Dio » (2 Cor 5,20).


Riconciliazione con la Chiesa


1443 Durante la sua vita pubblica, Gesù non ha soltanto perdonato i peccati; ha pure manifestato l'effetto di questo perdono: egli ha reintegrato i peccatori perdonati nella comunità del popolo di Dio, dalla quale il peccato li aveva allontanati o persino esclusi. Un segno chiaro di ciò è il fatto che Gesù ammette i peccatori alla sua tavola; più ancora, egli stesso siede alla loro mensa, gesto che esprime in modo sconvolgente il perdono di Dio37 e, nello stesso tempo, il ritorno in seno al popolo di Dio.38


1444 Rendendo gli Apostoli partecipi del suo proprio potere di perdonare i peccati, il Signore dà loro anche l'autorità di riconciliare i peccatori con la Chiesa. Tale dimensione ecclesiale del loro ministero trova la sua più chiara espressione nella solenne parola di Cristo a Simon Pietro: « A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli » (Mt 16,19). Questo « incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo (cf Mt 18,18; 28,16-20) ».39


1445 Le parole legare e sciogliere significano: colui che voi escluderete dalla vostra comunione sarà escluso dalla comunione con Dio; colui che voi accoglierete di nuovo nella vostra comunione, Dio lo accoglierà anche nella sua. La riconciliazione con la Chiesa è inseparabile dalla riconciliazione con Dio.


Il sacramento del perdono


1446 Cristo ha istituito il sacramento della Penitenza per tutti i membri peccatori della sua Chiesa, in primo luogo per coloro che, dopo il Battesimo, sono caduti in peccato grave e hanno così perduto la grazia battesimale e inflitto una ferita alla comunione ecclesiale. A costoro il sacramento della Penitenza offre una nuova possibilità di convertirsi e di recuperare la grazia della giustificazione. I Padri della Chiesa presentano questo sacramento come « la seconda tavola [di salvezza] dopo il naufragio della grazia perduta ».40


1447 Nel corso dei secoli la forma concreta, secondo la quale la Chiesa ha esercitato questo potere ricevuto dal Signore, ha subito molte variazioni. Durante i primi secoli, la riconciliazione dei cristiani che avevano commesso peccati particolarmente gravi dopo il loro Battesimo (per esempio l'idolatria, l'omicidio o l'adulterio), era legata ad una disciplina molto rigorosa, secondo la quale i penitenti dovevano fare pubblica penitenza per i loro peccati, spesso per lunghi anni, prima di ricevere la riconciliazione. A questo « ordine dei penitenti » (che riguardava soltanto certi peccati gravi) non si era ammessi che raramente e, in talune regioni, una sola volta durante la vita. Nel settimo secolo, ispirati dalla tradizione monastica d'Oriente, i missionari irlandesi portarono nell'Europa continentale la pratica « privata » della penitenza, che non esige il compimento pubblico e prolungato di opere di penitenza prima di ricevere la riconciliazione con la Chiesa. Il sacramento si attua ormai in una maniera più segreta tra il penitente e il sacerdote. Questa nuova pratica prevedeva la possibilità della reiterazione e apriva così la via ad una frequenza regolare di questo sacramento. Essa permetteva di integrare in una sola celebrazione sacramentale il perdono dei peccati gravi e dei peccati veniali. È questa, a grandi linee, la forma di Penitenza che la Chiesa pratica fino ai nostri giorni.


1448 Attraverso i cambiamenti che la disciplina e la celebrazione di questo sacramento hanno conosciuto nel corso dei secoli, si discerne la medesima struttura fondamentale. Essa comporta due elementi ugualmente essenziali: da una parte, gli atti dell'uomo che si converte sotto l'azione dello Spirito Santo: cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione; dall'altra parte, l'azione di Dio attraverso l'intervento della Chiesa. La Chiesa che, mediante il Vescovo e i suoi presbiteri, concede nel nome di Gesù Cristo il perdono dei peccati e stabilisce la modalità della soddisfazione, prega anche per il peccatore e fa penitenza con lui. Così il peccatore viene guarito e ristabilito nella comunione ecclesiale.


1449 La formula di assoluzione in uso nella Chiesa latina esprime gli elementi essenziali di questo sacramento: il Padre delle misericordie è la sorgente di ogni perdono. Egli realizza la riconciliazione dei peccatori mediante la pasqua del suo Figlio e il dono del suo Spirito, attraverso la preghiera e il ministero della Chiesa:


« Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ».41


domenica 22 aprile 2012

Filotea: Introduzione alla vita devota - XXXVII

Proseguiamo l'appuntamento con Filotea: Introduzione alla vita devota di San Francesco di Sales:




FILOTEA
Introduzione alla vita devota

(San Francesco di Sales)



SECONDA PARTE

Contiene diversi consigli per l’elevazione dell’anima a Dio per mezzo dell’Orazione e dei Sacramenti.



Capitolo XVIII



COME VANNO ACCOLTE LE ISPIRAZIONI

Chiamiamo ispirazioni gli inviti, i movimenti, i rimproveri, i rimorsi interiori, i lumi e le cognizioni che Dio genera in noi prevenendo il nostro cuore con le sue benedizioni, con attenzione e affetto di Padre per svegliarci, scuoterci, spingerci, attirarci verso la virtù, l’amore celeste, i buoni propositi: in breve, verso tutto ciò che ci mette in cammino per il nostro bene eterno.

Lo Sposo lo chiama bussare alla porta e bussare al cuore della Sposa, svegliarla se dorme, invocarla e chiamarla quand’è assente, invitarla a gustare il miele e a cogliere i frutti e i fiori nel suo giardino, a cantare e a fare udire la voce alle sue orecchie.

Tre sono i movimenti che si susseguono nella promessa sposa prima di giungere al matrimonio: in primo luogo le viene proposto il matrimonio, poi ella lo trova di suo gradimento, infine dà il suo consenso.

Allo stesso modo, quando Dio vuole compiere in noi, per mezzo di noi e con noi un’opera di rilievo, in primo luogo ce la propone ispirandocela; poi tocca a noi esprimerci dicendo se ci piace; in terzo luogo aderiamo con il sì.

Lo stesso processo lo seguiamo per cadere nel peccato: anche il tal caso i movimenti sono tre: la tentazione, il compiacimento, il consenso.

Per conquistare le virtù i gradini sono sempre tre: l’ispirazione, che è il contrario della tentazione; il compiacimento nell’ispirazione che è il contrario del compiacimento nella tentazione; il consenso all’ispirazione, che è il contrario del consenso alla tentazione.

Anche se l’ispirazione dovesse insistere per tutto l’arco della nostra vita, se non la trovassimo bella e piacevole, non saremmo in alcun modo accetti a Dio; anzi la sua divina Maestà ne sarebbe offesa, come lo fu nei confronti degli Israeliti, che aveva inseguito inutilmente per quarant’anni chiamandoli alla conversione senza trovare in essi risposta. Giurò che mai più li avrebbe fatti entrare nella sua pace.

Così un signore che abbia per molto tempo corteggiato una giovane donna, sarebbe molto contrariato, se, dopo tutto, lei non volesse saperne di matrimonio.

Il piacere che si prova nelle ispirazioni è un avvio determinante alla gloria di Dio e in tal modo si comincia ad essere graditi alla divina Maestà; benché questo compiacimento non sia ancora un consenso pieno, perlomeno è una disposizione favorevole.

Se è vero che è un buon segno e cosa molto utile compiacersi nell’ascolto della Parola di Dio, tanto che possiamo considerarlo un’ispirazione esteriore, è cosa altrettanto buona e gradita a Dio compiacersi nell’ispirazione interiore: è quel piacere di cui parla la Sposa quando dice: la mia anima si è sciolta di piacere, quand’ho udito la voce dell’amato.

Il gentiluomo è soddisfatto quando vede che la dama che egli serve è contenta del suo servizio.

In conclusione è il consenso che completa l’atto virtuoso: perché anche se ispirati e contenti dell’ispirazione, neghiamo poi il consenso a Dio, siamo degli ingrati e offendiamo gravemente la Maestà divina, perché il disprezzo sembra ancora maggiore. E’ quanto capitò alla Sposa, perché, pur avendole il canto del suo Amato toccato il cuore di piacere, ella non gli aprì la porta e si scusò con una ragione sciocca. Lo Sposo si indignò, passò oltre e se ne andò.

Così un gentiluomo che dopo aver corteggiato lungamente una donna e averle reso gentilmente servizio, si vede alla fine respinto e disprezzato, avrà senz’altro più motivo di risentimento di quanto ne avrebbe avuto se fosse stato subito accolto male e trattato peggio.

Risolviti, Filotea, ad accettare di buon cuore tutte le ispirazioni che Dio vorrà mandarti. Quando ti giungeranno accoglile come ambasciatrici del Re del Cielo, che vuole unirsi in matrimonio con te. Ascolta con cuore sereno quello che ti propongono; considera l’amore che te le ha fatte mandare e trattale bene.

Acconsenti con un’adesione piena d’amore e fedele all’ispirazione; in modo che Dio, che non sei in grado di costringere, si sentirà fortemente obbligato dal tuo affetto. Ma prima di dare il consenso alle ispirazioni per cose importanti e straordinarie, per non rischiare di cadere in inganno, consigliati sempre con la tua guida, perché esamini se l’ispirazione è vera o falsa. Se il nemico vede un’anima pronta a consentire alle ispirazioni, gliene propone subito di false per trarla in inganno; cosa che gli sarà impossibile se ella, con umiltà, ubbidirà a chi la conduce.

Una volta dato il consenso, bisogna far sì che abbia seguito e l’ispirazione si attui: questo è il culmine della virtù autentica. Consentire nel cuore senza passare ai fatti, è come piantare una vigna senza volerne frutto. A questo scopo è molto utile praticare l’esercizio del mattino e il raccoglimento spirituale, indicati sopra. Il tal modo non solo ci prepariamo a fare in modo generico il bene, ma concretamente lo realizziamo.

sabato 21 aprile 2012

Il Sabato dei Salmi - Salmo 101 - Lo specchio dei principi



Salmo 101   

Lo specchio dei principi 
[1]Di Davide.Salmo. 
Amore e giustizia voglio cantare,
voglio cantare inni a te, o Signore.
[2]Agirò con saggezza nella via dell'innocenza:
quando verrai a me?
Camminerò con cuore integro,
dentro la mia casa. 

[3]Non sopporterò davanti ai miei occhi
azioni malvage;
detesto chi fa il male,
non mi sarà vicino. 

[4]Lontano da me il cuore perverso,
il malvagio non lo voglio conoscere.
[5]Chi calunnia in segreto il suo prossimo
io lo farò perire;
chi ha occhi altezzosi e cuore superbo
non lo potrò sopportare. 

[6]I miei occhi sono rivolti ai fedeli del paese
perché restino a me vicino:
chi cammina per la via integra
sarà mio servitore. 

[7]Non abiterà nella mia casa,
chi agisce con inganno,
chi dice menzogne non starà alla mia presenza.
[8]Sterminerò ogni mattino
tutti gli empi del paese,
per estirpare dalla città del Signore
quanti operano il male. 


Commento dal sito: http://www.padrelinopedron.it

Commento dei Padri della Chiesa:


v. 1 Misericordia e giudizio, perché Dio, prima di giudicare, estende già la sua misericordia. Deciso a fare altrettanto con il mio prossimo, oso venire a cantarti (Eusebio). 


Misericordia e giudizio: il Padre ci ha fatto misericordia e ci ha giustificato nel Cristo (Cirillo d’Alessandria). 


Nessuno s’illuda dell’impunità, nessuno si disperi del giudizio, perché Dio non trascura né la misericordia, né il giudizio. Nel tempo presente, che è quello della misericordia, Dio fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni (Mt 5,45): se non cominciasse a risparmiare con misericordia, non troverebbe poi nessuno da coronare. Ma l’apostolo ci ammonisce: Credi tu di sfuggire al giudizio? (Rm 2,3). 


Ammaestrato dall’esperienza, non canterò il solo giudizio o la sola misericordia, ma canterò a te, o Signore, misericordia e giudizio; li canterò tutti e due in questo luogo del mio pellegrinaggio, finché la misericordia prevalga sul giudizio, la miseria sia ridotta al silenzio e la mia gloria canti solo te (Bernardo). 


v. 2 Sempre canterò, sempre custodirò la mia via immacolata attendendo il tuo avvento, Signore, per essere sempre pronto al tuo incontro. Io ti ho preparato un palazzo: quando verrai a me? (Atanasio). 


Che io creda con il puro affetto del cuore. Ciò che gli occhi del corpo non vedono, l’anima colma di desiderio, lo vede. Il Cristo è il solo ad essere passato immacolato (Cassiodoro). 


La natura umana non poteva andare a Dio, è Dio che viene a lei e pone in essa la sua dimora con il suo Figlio eterno (Origene). 


v. 3 Io mi custodisco per te, al punto di avere in odio e rigettare come empi quelli che vedo trasgredire i tuoi comandamenti (Origene). 


v. 4  L’uomo perfetto è colmo di Dio e il maligno non trova posto in lui (Eusebio). 


v. 5 Tu devi odiare i prevaricatori della legge di Dio: i prevaricatori, sì, ma non gli uomini. Quell’uomo è un prevaricatore: Dio l’ha fatto uomo, ma egli stesso si è fatto prevaricatore. Ama in lui ciò che Dio ha fatto, perseguita in lui il male che egli stesso si è fatto (Agostino). 


v. 8 Attualmente ci sono nella città di Dio persone che commettono l’iniquità, e sono tollerate perché è il tempo della misericordia. Ma verrà il tempo del giudizio. Non giudicate anzitempo (1Cor 4,5), ma attendete che venga il Signore: egli manifesterà le intenzioni dei cuori. Quelli che non si saranno convertiti non potranno far parte della città di Dio, dell’assemblea dei santi. Il Cristo li ucciderà (Ap 19,21). Ma, attualmente, il Cristo parla, l’ascoltino! (Agostino). 


Al mattino: il giudizio universale, quando sarà passata la notte di questo mondo (Ruperto). 


La città del Signore è la Chiesa dei santi, l’assemblea dei giusti (Girolamo). 


Qui si concludono i cinquanta salmi che incoraggiavano il lottatore: L’uomo è placato. I salmi che seguono respireranno soltanto della carità perfetta: essa ha cacciato fuori il timore (Ruperto).



giovedì 19 aprile 2012

Catechismo della Chiesa Cattolica - LXXIII

Proseguiamo l'appuntamento volto alla conoscenza del Catechismo della Chiesa Cattolica. Entriamo nel secondo capitolo sulla celebrazione del mistero cristiano, incentrato sui sacramenti di guarigione:



PARTE SECONDA  
LA CELEBRAZIONE DEL MISTERO CRISTIANO

SEZIONE SECONDA 
«I SETTE SACRAMENTI DELLA CHIESA»

CAPITOLO SECONDO 
I SACRAMENTI DI GUARIGIONE


1420 Attraverso i sacramenti dell'iniziazione cristiana, l'uomo riceve la vita nuova di Cristo. Ora, questa vita, noi la portiamo « in vasi di creta » (2 Cor 4,7). Adesso è ancora « nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3). Noi siamo ancora nella nostra abitazione terrena,1 sottomessa alla sofferenza, alla malattia e alla morte. Questa vita nuova di figlio di Dio può essere indebolita e persino perduta a causa del peccato.


1421 Il Signore Gesù Cristo, medico delle nostre anime e dei nostri corpi, colui che ha rimesso i peccati al paralitico e gli ha reso la salute del corpo,2 ha voluto che la sua Chiesa continui, nella forza dello Spirito Santo, la sua opera di guarigione e di salvezza, anche presso le proprie membra. È lo scopo dei due sacramenti di guarigione: del sacramento della Penitenza e dell'Unzione degli infermi.


ARTICOLO 4 
IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA E DELLA RICONCILIAZIONE


1422 « Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera ».3


I. Come viene chiamato questo sacramento?


1423 È chiamato sacramento della Conversione poiché realizza sacramentalmente l'appello di Gesù alla conversione,4 il cammino di ritorno al Padre5 da cui ci si è allontanati con il peccato.


È chiamato sacramento della Penitenza poiché consacra un cammino personale ed ecclesiale di conversione, di pentimento e di soddisfazione del cristiano peccatore.


1424 È chiamato sacramento della Confessione poiché l'accusa, la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento. In un senso profondo esso è anche una « confessione », riconoscimento e lode della santità di Dio e della sua misericordia verso l'uomo peccatore.


È chiamato sacramento del Perdono poiché, attraverso l'assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente « il perdono e la pace ».6


È chiamato sacramento della Riconciliazione perché dona al peccatore l'amore di Dio che riconcilia: « Lasciatevi riconciliare con Dio » (2 Cor 5,20). Colui che vive dell'amore misericordioso di Dio è pronto a rispondere all'invito del Signore: « Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello » (Mt 5,24).


II. Perché un sacramento della Riconciliazione dopo il Battesimo?


1425 « Siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio! » (1 Cor 6,11). Bisogna rendersi conto della grandezza del dono di Dio, che ci è fatto nei sacramenti dell'iniziazione cristiana, per capire fino a che punto il peccato è cosa non ammessa per colui che si è rivestito di Cristo.7 L'apostolo san Giovanni però afferma anche: « Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi » (1 Gv 1,8). E il Signore stesso ci ha insegnato a pregare: « Perdonaci i nostri peccati » (Lc 11,4), legando il mutuo perdono delle nostre offese al perdono che Dio accorderà alle nostre colpe.


1426 La conversione a Cristo, la nuova nascita dal Battesimo, il dono dello Spirito Santo, il Corpo e il Sangue di Cristo ricevuti in nutrimento, ci hanno resi « santi e immacolati al suo cospetto » (Ef 1,4), come la Chiesa stessa, Sposa di Cristo, è « santa e immacolata » (Ef 5,27) davanti a lui. Tuttavia, la vita nuova ricevuta nell'iniziazione cristiana non ha soppresso la fragilità e la debolezza della natura umana, né l'inclinazione al peccato che la tradizione chiama concupiscenza, la quale rimane nei battezzati perché sostengano le loro prove nel combattimento della vita cristiana, aiutati dalla grazia di Cristo.8 Si tratta del combattimento della conversione in vista della santità e della vita eterna alla quale il Signore non cessa di chiamarci.9


III. La conversione dei battezzati


1427 Gesù chiama alla conversione. Questo appello è una componente essenziale dell'annuncio del Regno: « Il tempo è compiuto e il regno di Dio è ormai vicino; convertitevi e credete al Vangelo » (Mc 1,15). Nella predicazione della Chiesa questo invito si rivolge dapprima a quanti non conoscono ancora Cristo e il suo Vangelo. Il Battesimo è quindi il luogo principale della prima e fondamentale conversione. È mediante la fede nella Buona Novella e mediante il Battesimo10 che si rinuncia al male e si acquista la salvezza, cioè la remissione di tutti i peccati e il dono della vita nuova.


1428 Ora, l'appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un impegno continuo per tutta la Chiesa che « comprende nel suo seno i peccatori » e che, « santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento ».11 Questo sforzo di conversione non è soltanto un'opera umana. È il dinamismo del « cuore contrito »12 attirato e mosso dalla grazia13 a rispondere all'amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo.14


1429 Lo testimonia la conversione di san Pietro dopo il triplice rinnegamento del suo Maestro. Lo sguardo d'infinita misericordia di Gesù provoca le lacrime del pentimento15 e, dopo la risurrezione del Signore, la triplice confessione del suo amore per lui.16 La seconda conversione ha pure una dimensione comunitaria. Ciò appare nell'appello del Signore ad un'intera Chiesa: « Ravvediti! » (Ap 2,5.16).


A proposito delle due conversioni sant'Ambrogio dice: « La Chiesa ha l'acqua e le lacrime: l'acqua del Battesimo, le lacrime della Penitenza ».17


IV. La penitenza interiore


1430 Come già nei profeti, l'appello di Gesù alla conversione e alla penitenza non riguarda anzitutto opere esteriori, « il sacco e la cenere », i digiuni e le mortificazioni, ma la conversione del cuore, la penitenza interiore. Senza di essa, le opere di penitenza rimangono sterili e menzognere; la conversione interiore spinge invece all'espressione di questo atteggiamento in segni visibili, gesti e opere di penitenza.18


1431 La penitenza interiore è un radicale nuovo orientamento di tutta la vita, un ritorno, una conversione a Dio con tutto il cuore, una rottura con il peccato, un'avversione per il male, insieme con la riprovazione nei confronti delle cattive azioni che abbiamo commesse. Nello stesso tempo, essa comporta il desiderio e la risoluzione di cambiare vita con la speranza nella misericordia di Dio e la fiducia nell'aiuto della sua grazia. Questa conversione del cuore è accompagnata da un dolore e da una tristezza salutari, che i Padri hanno chiamato « animi cruciatus [afflizione dello spirito] », « compunctio cordis [contrizione del cuore] ».19


1432 Il cuore dell'uomo è pesante e indurito. Bisogna che Dio conceda all'uomo un cuore nuovo.20 La conversione è anzitutto un'opera della grazia di Dio che fa ritornare a lui i nostri cuori: « Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo » (Lam 5,21). Dio ci dona la forza di ricominciare. È scoprendo la grandezza dell'amore di Dio che il nostro cuore viene scosso dall'orrore e dal peso del peccato e comincia a temere di offendere Dio con il peccato e di essere separato da lui. Il cuore umano si converte guardando a colui che è stato trafitto dai nostri peccati.21


« Teniamo fisso lo sguardo sul sangue di Cristo, e consideriamo quanto sia prezioso per Dio, suo Padre; infatti, sparso per la nostra salvezza, offrì al mondo intero la grazia della conversione ».22


1433 Dopo la pasqua, è lo Spirito Santo che convince il mondo quanto al peccato,23 cioè al fatto che il mondo non ha creduto in colui che il Padre ha inviato. Ma questo stesso Spirito, che svela il peccato, è Consolatore24 che dona al cuore dell'uomo la grazia del pentimento e della conversione.25


domenica 15 aprile 2012

Filotea: Introduzione alla vita devota - XXXVI

Proseguiamo l'appuntamento con Filotea: Introduzione alla vita devota di San Francesco di Sales:




FILOTEA
Introduzione alla vita devota

(San Francesco di Sales)



SECONDA PARTE

Contiene diversi consigli per l’elevazione dell’anima a Dio per mezzo dell’Orazione e dei Sacramenti.



Capitolo XVII



COME VA ASCOLTATA LA PAROLA DI DIO

Devi essere devota alla Parola di Dio: sia che tu l’oda in conversazioni familiari assieme ai tuoi amici spirituali, sia nella solennità di un sermone, devi ascoltarla sempre con attenzione e rispetto. Ricavane profitto: non lasciarla cadere a terra, ma accoglila nel tuo cuore come un unguento prezioso, seguendo l’esempio della Santissima Vergine, che conservava con cura nel proprio, tutte le lodi dette in onore del Figlio.

Ricordati che Nostro Signore accoglie le parole che gli rivolgiamo nelle preghiere, nella misura nella quale accogliamo quelle che Egli ci rivolge con la predicazione. Conserva presso di te sempre qualche buon libro di devozione, come quello di S. Bonaventura, il Combattimento Spirituale di Scupoli, le Confessioni di S. Agostino, le Lettere di S. Girolamo e simili. Tutti i giorni leggine un brano con grande devozione, come leggeresti lettere inviate personalmente a te dai Santi del Cielo, per indicarti il cammino e darti coraggio di avviarti in esso.

Leggi anche le Storie e le vite dei santi, nelle quali puoi vedere la vita cristiana, come in uno specchio; adatta le loro azioni ai casi della tua vita secondo il tuo stato. Benché molte azioni dei Santi non siano imitabili in senso letterale, da gente che vive nel mondo, hanno senz’altro qualche cosa da insegnarci o da vicino o da lontano; per esempio, puoi imitare la solitudine di Paolo, primo eremita, con il tuo raccoglimento spirituale e con quello reale, cose di cui in parte abbiamo parlato (cap.XII) e in parte parleremo (Parte V). Puoi imitare l’estrema povertà di S. Francesco con gli esercizi di povertà che ti proporremo (parte III), e così per il resto.

Ti accorgerai che ci sono episodi più illuminanti di altri per la nostra vita, come la vita della Beata Madre Teresa, che è notevole per questo; la vita dei primi Gesuiti, quella di S. Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, di S. Luigi di Francia, di S. Bernardo, i fioretti di S. Francesco e altre.

Ce ne sono anche di quelle che sono più adatte per essere ammirate che imitate, come quella di S. Maria Egiziaca, S. Simeone stilita, le due Caterine, da Siena e da Genova, di S. Angela e altre simili, che non per questo non sono una prova piacevole del grande amore di Dio.

sabato 14 aprile 2012

Il Sabato dei Salmi - Salmo 100 - Invito alla lode



Salmo 100   

Invito alla lode 
[1]Salmo. In rendimento di grazie. 

[2]Acclamate al Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza. 

[3]Riconoscete che il Signore è Dio;
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo. 

[4]Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome;
[5]poiché buono è il Signore,
eterna la sua misericordia,
la sua fedeltà per ogni generazione.



Commento dal sito: http://www.padrelinopedron.it


Il popolo di Dio sa di essere protetto dal suo Signore. Nei tempi esso avverte la paterna bontà di Dio e l’amicizia del creatore che accompagna tutte le generazioni e tutte le epoche, colmandole della speranza degli ultimi tempi (cfr. Ger 33,10-13). 


Il salmo mostra come in Israele la liturgia era concepita come espressione di gioia davanti a Dio. Il culto cristiano è nel suo nucleo essenziale "eucaristia", cioè lode e ringraziamento. La chiesa ha dato alla celebrazione eucaristica questo nome perché considera essenziale alla sua liturgia la grande preghiera di ringraziamento e di benedizione di Gesù sopra il pane e il vino (cfr. Lc 22,19; Mc 14,23).


Commento dei Padri della Chiesa


v. 2 "Rallegratevi nazioni tutte della terra! Ricordatevi dei vostri peccati antichi, del tempo in cui servivate gli idoli e sottomettetevi al giogo del Signore. Servitelo nella gioia, perché servirlo è servire la luce, la vita, la verità, la giustizia e la santità: il Signore è davvero tutto questo. Presentatevi a lui con esultanza, perché se uno non lo serve con gioia, non deve osare di presentarsi davanti a lui" (Eusebio).


"Canto di gioia per la redenzione: tutti sono riscattati" (Atanasio).


"Esultate nella libertà della vita nuova" (Girolamo).


«Il servizio degli uomini è penoso, il servizio del Signore è gioioso. Questa gioia nel servizio del Cristo fa sì che noi siamo già, per così dire, alla sua presenza. "L’amico dello Sposo... esulta di gioia alla voce dello Sposo" (Gv 3,29)» (Atanasio).


"Né tristi, né abbattuti, né lenti, ma ilari. Se non si serve Dio nella gioia, non ci si permetta di comparire davanti a lui!" (Cirillo di Alessandria).


«Il Cristo è il padrone che si serve nella dolcezza dell’anima. "Con gioia": è il servizio dei figli e non dello schiavo. Questo comporta ciò che dice l’apostolo: Sopportatevi a vicenda, con amore [cfr. Ef 4,2]» (Agostino).


v. 3 «Quando sapremo che egli è Dio, che è il Signore, allora, giunti in sua presenza per questa stessa conoscenza, confesseremo che egli è il nostro Creatore. È ben evidente che non ci facciamo da noi; e se noi ci figuriamo d’essere gli autori dei nostri figli, Giobbe e Davide sono là per dire a Dio: Le tue mani mi hanno fatto e plasmato. Dio stesso dice a Geremia: "Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto" (1,5). Quanto a quella scervellata che diceva al marito: "Dammi dei figli, se no io muoio!", il marito, che era saggio, le rispose: "Sono forse Dio?" (Gen 30,1-2), perché è Dio che crea i figli. I padri non fanno che procreare, assecondando il comandamento che egli diede al principio... "Siamo suo popolo e gregge del suo pascolo". Questo significa che non esercita solo un dominio, ma una provvidenza. È sovrano, è pastore: noi siamo suo popolo in quanto è re, sue pecore in quanto è pastore» (Eusebio).


"Questo Signore, che ci ha redenti col suo sangue, è il nostro stesso Creatore! Questo crocifisso è Dio!" (Atanasio).


"Gesù Cristo non è altro che colui che parlava a Mosè" (Arnobio il giovane).


"Pecore e pascolo indicano non il dominio, ma la sollecitudine. Il Cristo è il buon pastore [cfr. Gv 10,11-12]" (Teodoreto).


v. 4 "Il Cristo è la porta [cfr. Gv 10,9]" (Girolamo).


v. 5 "Il Signore è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo [cfr. Mt 28,20]" (Agostino).



giovedì 12 aprile 2012

Catechismo della Chiesa Cattolica - LXXII


Proseguiamo l'appuntamento volto alla conoscenza del Catechismo della Chiesa Cattolica. Terminiamo oggi la lettura dell'Articolo 3 sul Sacramento dell'Eucaristia:


PARTE SECONDA  
LA CELEBRAZIONE DEL MISTERO CRISTIANO

SEZIONE SECONDA 
«I SETTE SACRAMENTI DELLA CHIESA»

CAPITOLO PRIMO 
I SACRAMENTI DELL'INIZIAZIONE CRISTIANA

ARTICOLO 3 
IL SACRAMENTO DELL'EUCARISTIA

VII. L'Eucaristia - «Pegno della gloria futura»

1402 In un'antica preghiera, la Chiesa acclama il mistero dell'Eucaristia: « O sacrum convivium in quo Christus sumitur: recolitur memoria passionis eius, mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur – O sacro convito nel quale ci nutriamo di Cristo: si fa memoria della sua passione, l'anima è ricolmata di grazia e ci è donato il pegno della gloria futura ». 243 Se l'Eucaristia è il memoriale della pasqua del Signore, se mediante la nostra Comunione all'altare veniamo ricolmati « di ogni grazia e benedizione del cielo », 244 l'Eucaristia è pure anticipazione della gloria del cielo.

1403 Nell'ultima Cena il Signore stesso ha fatto volgere lo sguardo dei suoi discepoli verso il compimento della pasqua nel regno di Dio: « Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio » (Mt 26,29). 245 Ogni volta che la Chiesa celebra l'Eucaristia, ricorda questa promessa e il suo sguardo si volge verso « Colui che viene » (Ap 1,4). Nella preghiera, essa invoca la sua venuta: « Marana tha » (1 Cor 16,22), « Vieni, Signore Gesù » (Ap 22,20), « Venga la tua grazia e passi questo mondo! ». 246

1404 La Chiesa sa che, fin d'ora, il Signore viene nella sua Eucaristia, e che egli è lì, in mezzo a noi. Tuttavia questa presenza è nascosta. È per questo che celebriamo l'Eucaristia « expectantes beatam spem et Adventum Salvatoris nostri Iesu Christi – nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo », 247 chiedendo « di ritrovarci insieme a godere della tua gloria quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te, e canteremo per sempre la tua lode, in Cristo, nostro Signore ». 248

1405 Di questa grande speranza, quella dei nuovi cieli e della terra nuova nei quali abiterà la giustizia, 249 non abbiamo pegno più sicuro, né segno più esplicito dell'Eucaristia. Ogni volta infatti che viene celebrato questo mistero, « si effettua l'opera della nostra redenzione » 250 e noi spezziamo « l'unico pane, che è farmaco d'immortalità, antidoto per non morire, ma per vivere in Gesù Cristo per sempre ». 251

In sintesi

1406 Gesù dice: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno [...]. Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna, [...] dimora in me e io in lui » (Gv 6,51.54.56).

1407 L'Eucaristia è il cuore e il culmine della vita della Chiesa, poiché in essa Cristo associa la sua Chiesa e tutti i suoi membri al proprio sacrificio di lode e di rendimento di grazie offerto al Padre una volta per tutte sulla croce; mediante questo sacrificio egli effonde le grazie della salvezza sul suo corpo, che è la Chiesa.

1408 La celebrazione eucaristica comporta sempre: la proclamazione della Parola di Dio, l'azione di grazie a Dio Padre per tutti i suoi benefici, soprattutto per il dono del suo Figlio, la consacrazione del pane e del vino e la partecipazione al banchetto liturgico mediante la recezione del Corpo e del Sangue del Signore. Questi elementi costituiscono un solo e medesimo atto di culto.

1409 L'Eucaristia è il memoriale della pasqua di Cristo, cioè dell'opera della salvezza compiuta per mezzo della vita, della morte e della risurrezione di Cristo, opera che viene resa presente dall'azione liturgica.

1410 È Cristo stesso, Sommo ed eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, che, agendo attraverso il ministero dei sacerdoti, offre il sacrificio eucaristico. Ed è ancora lo stesso Cristo, realmente presente sotto le specie del pane e del vino, l'offerta del sacrificio eucaristico.

1411 Soltanto i sacerdoti validamente ordinati possono presiedere l'Eucaristia e consacrare il pane e il vino perché diventino il Corpo e il Sangue del Signore.

1412 I segni essenziali del sacramento eucaristico sono il pane di grano e il vino della vite, sui quali viene invocata la benedizione dello Spirito Santo e il sacerdote pronunzia le parole della consacrazione dette da Gesù durante l'ultima Cena: « Questo è il mio Corpo dato per voi. [...] Questo è il calice del mio Sangue ».

1413 Mediante la consacrazione si opera la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Sotto le specie consacrate del pane e del vino, Cristo stesso, vivente e glorioso, è presente in maniera vera, reale e sostanziale, il suo Corpo e Sangue con la sua anima e divinità. 252

1414 In quanto sacrificio, l'Eucaristia viene anche offerta in riparazione dei peccati dei vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici spirituali o temporali.

1415 Chi vuole ricevere Cristo nella Comunione eucaristica deve essere in stato di grazia. Se uno è consapevole di aver peccato mortalmente, non deve accostarsi all'Eucaristia senza prima aver ricevuto l'assoluzione nel sacramento della Penitenza.

1416 La santa Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo accresce in colui che si comunica l'unione con il Signore, gli rimette i peccati veniali e lo preserva dai peccati gravi. Poiché vengono rafforzati i vincoli di carità tra colui che si comunica e Cristo, ricevere questo sacramento rafforza l'unità della Chiesa, corpo mistico di Cristo.

1417 La Chiesa raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Comunione quando partecipano alla celebrazione dell'Eucaristia; ne fa loro obbligo almeno una volta all'anno.

1418 Poiché Cristo stesso è presente nel Sacramento dell'altare, bisogna onorarlo con un culto di adorazione. La visita al Santissimo Sacramento « è prova di gratitudine, segno di amore e debito di riconoscenza a Cristo Signore ». 253

1419 Poiché Cristo è passato da questo mondo al Padre, nell'Eucaristia ci dona il pegno della gloria futura presso di lui: la partecipazione al santo sacrificio ci identifica con il suo cuore, sostiene le nostre forze lungo il pellegrinaggio di questa vita, ci fa desiderare la vita eterna e già ci unisce alla Chiesa del cielo, alla beatissima Vergine e a tutti i santi.