giovedì 10 maggio 2012

Catechismo della Chiesa Cattolica - LXXVI

Proseguiamo l'appuntamento volto alla conoscenza del Catechismo della Chiesa Cattolica. Restiamo nell'Articolo 4 del Capitolo Secondo sui Sacramenti di Guarigione:


PARTE SECONDA  
LA CELEBRAZIONE DEL MISTERO CRISTIANO

SEZIONE SECONDA 
«I SETTE SACRAMENTI DELLA CHIESA»

CAPITOLO SECONDO 
I SACRAMENTI DI GUARIGIONE

ARTICOLO 4 
IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA E DELLA RICONCILIAZIONE



VIII. Il ministro di questo sacramento

1461 Poiché Cristo ha affidato ai suoi Apostoli il ministero della riconciliazione,63 i Vescovi, loro successori, e i presbiteri, collaboratori dei Vescovi, continuano ad esercitare questo ministero. Infatti sono i Vescovi e i presbiteri che hanno, in virtù del sacramento dell'Ordine, il potere di perdonare tutti i peccati « nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ».


1462 Il perdono dei peccati riconcilia con Dio ma anche con la Chiesa. Il Vescovo, capo visibile della Chiesa particolare, è dunque considerato a buon diritto, sin dai tempi antichi, come colui che principalmente ha il potere e il ministero della riconciliazione: è il moderatore della disciplina penitenziale.64 I presbiteri, suoi collaboratori, esercitano tale potere nella misura in cui ne hanno ricevuto l'ufficio sia dal proprio Vescovo (o da un superiore religioso), sia dal Papa, in base al diritto della Chiesa.65


1463 Alcuni peccati particolarmente gravi sono colpiti dalla scomunica, la pena ecclesiastica più severa, che impedisce di ricevere i sacramenti e di compiere determinati atti ecclesiastici,66 e la cui assoluzione, di conseguenza, non può essere accordata, secondo il diritto della Chiesa, che dal Papa, dal Vescovo del luogo o da presbiteri da loro autorizzati.67 In caso di pericolo di morte, ogni sacerdote, anche se privo della facoltà di ascoltare le confessioni, può assolvere da qualsiasi peccato e da qualsiasi scomunica.68


1464 I sacerdoti devono incoraggiare i fedeli ad accostarsi al sacramento della Penitenza e devono mostrarsi disponibili a celebrare questo sacramento ogni volta che i cristiani ne facciano ragionevole richiesta.69


1465 Celebrando il sacramento della Penitenza, il sacerdote compie il ministero del buon pastore che cerca la pecora perduta, quello del buon Samaritano che medica le ferite, del padre che attende il figlio prodigo e lo accoglie al suo ritorno, del giusto giudice che non fa distinzione di persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto e misericordioso. Insomma, il sacerdote è il segno e lo strumento dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore.


1466 Il confessore non è il padrone, ma il servitore del perdono di Dio. Il ministro di questo sacramento deve unirsi all'intenzione e alla carità di Cristo.70 Deve avere una provata conoscenza del comportamento cristiano, l'esperienza delle realtà umane, il rispetto e la delicatezza nei confronti di colui che è caduto; deve amare la verità, essere fedele al Magistero della Chiesa e condurre con pazienza il penitente verso la guarigione e la piena maturità. Deve pregare e fare penitenza per lui, affidandolo alla misericordia del Signore.


1467 Data la delicatezza e la grandezza di questo ministero e il rispetto dovuto alle persone, la Chiesa dichiara che ogni sacerdote che ascolta le confessioni è obbligato, sotto pene molto severe, a mantenere un segreto assoluto riguardo ai peccati che i suoi penitenti gli hanno confessato.71 Non gli è lecito parlare neppure di quanto viene a conoscere, attraverso la confessione, della vita dei penitenti. Questo segreto, che non ammette eccezioni, si chiama il « sigillo sacramentale », poiché ciò che il penitente ha manifestato al sacerdote rimane « sigillato » dal sacramento.


IX. Gli effetti di questo sacramento


1468 « Tutto il valore della Penitenza consiste nel restituirci alla grazia di Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia ».72 Il fine e l'effetto di questo sacramento sono dunque la riconciliazione con Dio. Coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa conseguono « la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito ».73 Infatti, il sacramento della Riconciliazione con Dio opera una autentica « risurrezione spirituale », restituisce la dignità e i beni della vita dei figli di Dio, di cui il più prezioso è l'amicizia di Dio.74


1469 Questo sacramento ci riconcilia con la Chiesa. Il peccato incrina o infrange la comunione fraterna. Il sacramento della Penitenza la ripara o la restaura. In questo senso, non guarisce soltanto colui che viene ristabilito nella comunione ecclesiale, ma ha pure un effetto vivificante sulla vita della Chiesa che ha sofferto a causa del peccato di uno dei suoi membri.75 Ristabilito o rinsaldato nella comunione dei santi, il peccatore viene fortificato dallo scambio dei beni spirituali tra tutte le membra vive del corpo di Cristo, siano esse ancora nella condizione di pellegrini o siano già nella patria celeste.76


« Bisogna aggiungere che tale riconciliazione con Dio ha come conseguenza, per così dire, altre riconciliazioni, che rimediano ad altrettante rotture, causate dal peccato: il penitente perdonato si riconcilia con se stesso nel fondo più intimo del proprio essere, in cui ricupera la propria verità interiore; si riconcilia con i fratelli, da lui in qualche modo offesi e lesi; si riconcilia con la Chiesa; si riconcilia con tutto il creato ».77


1470 In questo sacramento, il peccatore, rimettendosi al giudizio misericordioso di Dio, anticipa in un certo modo il giudizio al quale sarà sottoposto al termine di questa esistenza terrena. È infatti ora, in questa vita, che ci è offerta la possibilità di scegliere tra la vita e la morte, ed è soltanto attraverso il cammino della conversione che possiamo entrare nel regno di Dio, dal quale il peccato grave esclude.78 Convertendosi a Cristo mediante la penitenza e la fede, il peccatore passa dalla morte alla vita « e non va incontro al giudizio » (Gv 5,24).


X. Le indulgenze


1471 La dottrina e la pratica delle indulgenze nella Chiesa sono strettamente legate agli effetti del sacramento della Penitenza.


Che cos'è l'indulgenza?


« L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi ».79


« L'indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati ».80 « Ogni fedele può acquisire le indulgenze [...] per se stesso o applicarle ai defunti ».81





martedì 8 maggio 2012

Filotea: Introduzione alla vita devota - XXXIX

Proseguiamo l'appuntamento con Filotea: Introduzione alla vita devota di San Francesco di Sales:




FILOTEA
Introduzione alla vita devota

(San Francesco di Sales)



SECONDA PARTE

Contiene diversi consigli per l’elevazione dell’anima a Dio per mezzo dell’Orazione e dei Sacramenti.



Capitolo XX



LA COMUNIONE FREQUENTE

Si dice che Mitridate, re del Ponto, avesse inventato un veleno con il quale aveva talmente rinvigorito il proprio organismo, che, quando volle avvelenarsi per sfuggire alla schiavitù dei Romani, non riuscì a portare a compimento il proposito.

Il Salvatore ha istituito l’augusto sacramento dell’Eucarestia, che contiene realmente la sua carne e il suo sangue, affinché chi ne mangia viva eternamente. Ecco perché, chiunque vi ricorre spesso con devozione, rinforza talmente la salute e la vitalità dell’anima, che è quasi impossibile che rimanga avvelenata dai cattivi affetti di qualunque sorta siano.

Non è possibile nutrirsi di questo cibo di vita e continuare a vivere gli affetti di morte; allo stesso modo che gli uomini nel paradiso terrestre non avrebbero potuto morire quanto al corpo in virtù del frutto della vita del Signore vi aveva collocato, così essi non possono morire spiritualmente in virtù di questo sacramento di vita.

Se è vero che i frutti più teneri, soggetti a corrompersi, come le ciliegie, le albicocche e le fragole, si conservano facilmente tutto l’anno una volta canditi nello zucchero e nel miele, nessuna meraviglia che i nostri cuori, benché fragili e deboli, siano resi immuni dalla corruzione del peccato quando sono trattati con quello zucchero e quel miele che sono la carne e il sangue incorruttibili del Figlio di Dio. O Filotea, i cristiani che saranno condannati, resteranno senza parola allorché il Giudice giusto rinfaccerà loro il torto che hanno avuto di lasciarsi morire spiritualmente, quando era loro così facile mantenersi in vita e buona salute nutrendosi del suo Corpo offerto a tal fine. Miserabili, dirà loro. Come avete potuto lasciarvi morire, quando avevate l’ordine di nutrirvi del cibo di vita?

"Io non lodo e non biasimo il fatto di ricevere la comunione eucaristica tutti i giorni; ma consiglio ed esorto ciascuno a fare la comunione tutte le Domeniche, purché lo spirito non abbia affetti al peccato".

Sono parole testuali di S. Agostino, al quale mi associo non biasimando e non lodando chi fa la comunione tutti i giorni; lascio la decisione su questo punto alla discrezione del Padre spirituale di chi vorrà prendere decisioni a questo proposito; infatti le disposizioni per accostarsi così di frequente alla santa comunione devono essere di un livello di perfezione, che non è opportuno dare in materia un parere generico. D’altra parte, siccome tali disposizioni, benché richiedono un livello di perfezione alto, possono trovarsi in molte anime buone, non è nemmeno bene distogliere e dissuadere tutti. Va deciso dopo aver preso in esame lo stato interiore di ciascuno in particolare.

Sarebbe imprudente consigliare a tutti indiscriminatamente la comunione frequente; ma sarebbe ugualmente imprudente biasimare chi la facesse, soprattutto quando c’è di mezzo il parere di un prudente direttore di spirito. Bella la risposta di S, Caterina da Siena, quando, a proposito della sua comunione quotidiana, le fu citato S. Agostino che non loda e non biasima chi si comunica tutti i giorni: Ebbene, disse, poiché S. Agostino non lo biasima, prego anche voi di fare altrettanto, e mi basta.

Ma vedi bene, Filotea, che S. Agostino esorta e consiglia con forza di fare la comunione tutte le domeniche; falla anche tu più spesso che puoi. Giacché, io lo credo, tu non hai alcun affetto al peccato mortale, e nemmeno al peccato veniale, sei nella disposizione richiesta da S. Agostino, e anche qualcosa di più; perché non solo non hai l’affetto a peccare, ma non hai nemmeno l’affetto al peccato. Sicché se il tuo padre spirituale lo trova bene, puoi fare la comunione anche più spesso di ogni domenica.

Possono tuttavia sorgere molte difficoltà, non da parte tua, ma da parte di coloro che vivono con te, che potrebbero consigliare al tuo saggio direttore di non farti comunicare così spesso. Se, per esempio, tu sei sottomessa a qualcuno, e coloro cui devi obbedienza e rispetto siano così mal istruiti e così strani da sentirsi inquieti e turbati nel vederti fare la comunione così spesso, nel caso, tutto considerato, sarà bene andare incontro alla loro malattia e fare la comunione soltanto ogni quindici giorni; ciò solo nel caso che la difficoltà non possa esse superata in altro modo. In questo campo non bisogna dare direttive generali, occorre stare a quanto dice il padre spirituale; tuttavia mi sento in obbligo di affermare con certezza che la massima distanza tra una comunione e l’altra non deve superare il mese, almeno in quelli che intendono servire Dio devotamente.

Se sai essere molto prudente, non c’è né madre, né moglie, né marito, né padre che ti impedisca di comunicare spesso: e sai perché. Perché il giorno in cui avrai fatto la comunione, non diminuirai la cura per quello che fa parte dei doveri del tuo stato, anzi sarai più dolce e gentile e non rifiuterai l’adempimento di nessun dovere; la conseguenza sarà che gli altri non avranno alcun interesse a distoglierti da questo esercizio che non causa loro alcun pregiudizio; a meno che non siano gretti e incapaci di ragionare; in tal caso, come già detto, usa condiscendenza, secondo il consiglio del tuo direttore.

Devo aggiungere una parola per la gente sposata: Dio, nell’antica Legge, trovava cosa fatta male che i creditori esigessero il loro debito nei giorni di festa; ma non se l’aveva a male se il debitore pagava e rendeva il debito a chi lo esigeva. E’ cosa poco conveniente, benché non sia un grande peccato, chiedere la soddisfazione del debito coniugale nel giorno in cui si è fatta la comunione; ma non è sconveniente, anzi direi che è meritorio, renderlo. Ecco perché a causa di tali doveri, nessuno deve essere privato della Comunione, quando la sua devozione lo spinge a chiederla. Nella Chiesa primitiva i cristiani comunicavano tutti i giorni, pur essendo sposati e benedetti da tanti figli; ecco perché ho detto che la comunione frequente non deve generare alcuna sorta di problemi né ai papà, né alle mamme, né ai mariti, né alle mogli purché l’anima che si accosta alla comunione sia prudente e discreta.

Quanto alle malattie corporali non ce n’è alcuna che impedisca questa santa partecipazione, eccetto quelle che causano vomito molto frequente.

Per fare la comunione ogni otto giorni occorre non avere peccati mortali e non avere affetto al peccato veniale, e avere un grande desiderio di fare la comunione; ma per fare la comunione tutti i giorni, oltre a ciò, bisogna aver superato la maggior parte delle cattive inclinazioni ed avere il parere favorevole del padre spirituale.

sabato 5 maggio 2012

Il Sabato dei Salmi - Salmo 103 - Dio è amore

Salmo 103  

Dio è amore 
[1]Di Davide. 

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
[2]Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici. 

[3]Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
[4]salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
[5]egli sazia di beni i tuoi giorni
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza. 

[6]Il Signore agisce con giustizia
e con diritto verso tutti gli oppressi.
[7]Ha rivelato a Mosè le sue vie,
ai figli d'Israele le sue opere. 

[8]Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
[9]Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
[10]Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe. 

[11]Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
[12]come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
[13]Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono. 

[14]Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
[15]Come l'erba sono i giorni dell'uomo,
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
[16]Lo investe il vento e più non esiste
e il suo posto non lo riconosce. 

[17]Ma la grazia del Signore è da sempre,
dura in eterno per quanti lo temono;
la sua giustizia per i figli dei figli,
[18]per quanti custodiscono la sua alleanza
e ricordano di osservare i suoi precetti.
[19]Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono
e il suo regno abbraccia l'universo. 

[20]Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli,
potenti esecutori dei suoi comandi,
pronti alla voce della sua parola.
[21]Benedite il Signore, voi tutte, sue schiere,
suoi ministri, che fate il suo volere.
[22]Benedite il Signore, voi tutte opere sue,
in ogni luogo del suo dominio.
Benedici il Signore, anima mia. 




Commento dei Padri della Chiesa


v. 1b Quanto è in me benedica il suo santo nome. Non crediamo inutile questa distinzione implicita di tutte le parti di noi stessi per applicarle alla lode di Dio: le più piccole parti del nostro corpo sono state stabilite dall’abisso della Sapienza divina in modo che non ci sia in noi nulla d’inutile e l’accordo e l’armonia di tutte le nostre più piccole parti contribuisca a lodare Dio e benedirlo. E’ giusto, dunque, convocare tutto ciò che è in noi (Eusebio). 


vv. 2-5 Sintesi dei benefici di Dio: perdona i nostri peccati per mezzo della propiziazione che è il Cristo; ti libera dalla morte dando per la tua morte il sangue del suo Figlio; ti corona della grazia d’adozione; ti dona la speranza della risurrezione con il pegno dello Spirito. Tutti questi sono i doni dello Sposo alla sposa, e questa non porta che la propria fede (Eusebio). 


Chi si ricorda davvero dei benefici di Dio non si stanca mai di lodarlo (Atanasio). 


Dio ci ha perdonato i peccati, adottati, colmati di beni spirituali, e ha dato se stesso donandoci il pane di vita (Atanasio). 


Dio perdona, guarisce, risuscita, corona (Cassiodoro). 


Ti spoglierai del tuo uomo vecchio, come l’aquila si spoglia della sua vecchiezza (Origene). 


La tua giovinezza sarà rinnovata per sempre in una vita incorruttibile (Eusebio). 


L’aquila simboleggia e profetizza la risurrezione (Atanasio). 


v. 6 Il Signore ha mostrato sotto Mosè come egli ha pietà, ma anche come giudica severamente. Il Signore ha pietà di noi allo stesso modo che un padre ha compassione di figli che si comportano male. Noi eravamo senza Dio e senza timore di Dio: ci ha resi pii e timorosi di Dio (Eusebio). 


v. 7 La nostra salvezza mediante il battesimo non è una cosa nuova, perché Dio l’aveva annunciata per mezzo dei profeti e raffigurata con Mosé che attraversa il mar Rosso (Teodoreto). 


Dio ha fatto conoscere le sue vie a Mosé donando la legge per convincere l’uomo che era malato e aveva bisogno del medico [cfr. Rm 7,23ss] (Agostino). 


vv. 9-10 Dio è stato irritato dal peccato di Adamo e ci ha condannati a morte, ma ciò non durerà per sempre (Origene). 


Neppure i reprobi Dio retribuisce con tutti i supplizi che meriterebbero (Origene). 


vv. 13-16 Il Creatore ha i sentimenti di un padre che conosce la debolezza dei suoi figli. Seguirà ora la descrizione di questa debolezza: siamo fatti di polvere, ecc. (Teodoreto). 


Un padre ha compassione dei suoi figli correggendoli; così Dio con noi (Girolamo). 


L’argilla, se non si mescola con l’acqua, si disgrega immediatamente; come l’argilla ha bisogno d’acqua per essere riplasmata, così noi abbiamo bisogno del battesimo per essere riplasmati (Esichio di Gerusalemme). 


Egli sa di che cosa siamo plasmati. Il suo modo di conoscere la nostra argilla fu di assumerla per amore (Gregorio Magno). 


vv. 20-22 All’inizio del salmo lo Spirito divino invitava l’anima umana a benedire Dio. Ora, dopo aver parlato delle dimore celesti destinate ai fedeli, passa con molta naturalezza agli spiriti celesti, perché questi fanno festa per ogni peccatore che si pente.  O anima mia, sei ben poca cosa tu per benedire il Signore, mentre questi spiriti potenti… E quelli che conducono sulla terra la vita degli angeli hanno più possibilità che altri di lodare Dio. Quando ci si pensa, si sarebbe tentati di dire: Lasciamo ai migliori questa cura! Cediamo il posto a persone più degne! No, ciascuno al proprio posto loda Dio nella creazione: quelli che sono fatti ad immagine di Dio come te, e anche gli esseri inanimati lo celebrano con la loro bellezza. Questo concerto incita anche me a celebrare il Creatore. E se i giudei erano tenuti a celebrare il culto nella sola Gerusalemme, noi, secondo il comando dell’apostolo, possiamo pregare in ogni luogo alzando mani pure e senza contese [1Tm 2,8] (Eusebio). 


Questo insegna che chi loda Dio condivide la dignità degli angeli (Atanasio). 


Più fortunati dei giudei, noi possiamo ovunque innalzare le nostre mani a Dio nella preghiera [cf 1Tm 2,8]. Il Cristo ha detto: Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità [Gv 4,23] (Teodoreto).




giovedì 3 maggio 2012

Catechismo della Chiesa Cattolica - LXXV

Proseguiamo l'appuntamento volto alla conoscenza del Catechismo della Chiesa Cattolica. Restiamo nell'Articolo 4 del Capitolo Secondo sui Sacramenti di Guarigione:


PARTE SECONDA  
LA CELEBRAZIONE DEL MISTERO CRISTIANO

SEZIONE SECONDA 
«I SETTE SACRAMENTI DELLA CHIESA»

CAPITOLO SECONDO 
I SACRAMENTI DI GUARIGIONE

ARTICOLO 4 
IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA E DELLA RICONCILIAZIONE

VII. Gli atti del penitente

1450 « La penitenza induce il peccatore a sopportare di buon animo ogni sofferenza; nel suo cuore vi sia la contrizione, nella sua bocca la confessione, nelle sue opere tutta l'umiltà e la feconda soddisfazione ».42

La contrizione

1451 Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è « il dolore dell'animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire ».43

1452 Quando proviene dall'amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta « perfetta » (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale.44

1453 La contrizione detta « imperfetta » (o « attrizione ») è, anch'essa, un dono di Dio, un impulso dello Spirito Santo. Nasce dalla considerazione della bruttura del peccato o dal timore della dannazione eterna e delle altre pene la cui minaccia incombe sul peccatore (contrizione da timore). Quando la coscienza viene così scossa, può aver inizio un'evoluzione interiore che sarà portata a compimento, sotto l'azione della grazia, dall'assoluzione sacramentale. Da sola, tuttavia, la contrizione imperfetta non ottiene il perdono dei peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della Penitenza.45

1454 È bene prepararsi a ricevere questo sacramento con un esame di coscienza fatto alla luce della Parola di Dio. I testi più adatti a questo scopo sono da cercarsi nel Decalogo e nella catechesi morale dei Vangeli e delle lettere degli Apostoli: il discorso della montagna, gli insegnamenti apostolici.46

La confessione dei peccati

1455 La confessione dei peccati (l'accusa), anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l'accusa, l'uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire.

1456 La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza: « È necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo,47 perché spesso feriscono più gravemente l'anima e si rivelano più pericolosi di quelli chiaramente commessi »:48

« I cristiani [che] si sforzano di confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. Quelli, invece, che fanno diversamente e tacciono consapevolmente qualche peccato, è come se non sottoponessero nulla alla divina bontà perché sia perdonato per mezzo del sacerdote. "Se infatti l'ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce" ».49

1457 Secondo il precetto della Chiesa, « ogni fedele, raggiunta l'età della discrezione, è tenuto all'obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell'anno ».50 Colui che è consapevole di aver commesso un peccato mortale non deve ricevere la santa Comunione, anche se prova una grande contrizione, senza aver prima ricevuto l'assoluzione sacramentale,51 a meno che non abbia un motivo grave per comunicarsi e non gli sia possibile accedere a un confessore.52 I fanciulli devono accostarsi al sacramento della Penitenza prima di ricevere per la prima volta la santa Comunione.53

1458 Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa.54 In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui:55

« Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d'accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L'uomo e il peccatore sono due cose distinte: l'uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. [...] Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla Luce ».56

La soddisfazione

1459 Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L'assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato.57 Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve « soddisfare » in maniera adeguata o « espiare » i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche « penitenza ».

1460 La penitenza che il confessore impone deve tener conto della situazione personale del penitente e cercare il suo bene spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere nella preghiera, in un'offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente accettazione della croce che dobbiamo portare. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha espiato per i nostri peccati58 una volta per tutte. Esse ci permettono di diventare coeredi di Cristo risorto, dal momento che « partecipiamo alle sue sofferenze » (Rm 8,17):59

« Ma questa soddisfazione, che compiamo per i nostri peccati, non è talmente nostra da non esistere per mezzo di Gesù Cristo: noi, infatti, che non possiamo nulla da noi stessi, col suo aiuto "possiamo tutto in lui che ci dà la forza".60 Quindi l'uomo non ha di che gloriarsi; ma ogni nostro vanto è riposto in Cristo, [...] in cui offriamo soddisfazione, "facendo opere degne della conversione",61 che da lui traggono il loro valore, da lui sono offerte al Padre e grazie a lui sono accettate dal Padre ».62